
Regista: Michael Hoffman
Titolo originale: The Last Station
Durata: 112'
Genere: Drammatico
Nazione: Germania, Russia
Rapporto:
Anno: 2009
Uscita prevista: Roma 2009, 28 Maggio 2010 (cinema)
Attori: James McAvoy, Christopher Plummer, Paul Giamatti, Helen Mirren, Anne-Marie Duff, Kerry Condon, Patrick Kennedy, John Sessions, Tomas Spencer
Soggetto: Jay Parini
Sceneggiatura: Michael Hoffman
Trama, Giudizi ed Opinioni per The Last Station (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Titolo originale: The Last Station
Durata: 112'
Genere: Drammatico
Nazione: Germania, Russia
Rapporto:
Anno: 2009
Uscita prevista: Roma 2009, 28 Maggio 2010 (cinema)
Attori: James McAvoy, Christopher Plummer, Paul Giamatti, Helen Mirren, Anne-Marie Duff, Kerry Condon, Patrick Kennedy, John Sessions, Tomas Spencer
Soggetto: Jay Parini
Sceneggiatura: Michael Hoffman
Trama, Giudizi ed Opinioni per The Last Station (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Fotografia: Sebastian Edschmid
Montaggio: Patricia Rommel
Musiche: Sergei Yevtushenko
Scenografia: Patrizia von Brandenstein
Costumi: Monika Jacobs
Trucco: Jekaterina Oertel
Produttore: Bonnie Arnold, Chris Curling, Jens Meurer
Produttore esecutivo: Andrei Konchalovsky, Robert Little, Phil Robertson, Judy Tossell
Produzione: Egoli Tossell Film Halle, Zephyr Films
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
Montaggio: Patricia Rommel
Musiche: Sergei Yevtushenko
Scenografia: Patrizia von Brandenstein
Costumi: Monika Jacobs
Trucco: Jekaterina Oertel
Produttore: Bonnie Arnold, Chris Curling, Jens Meurer
Produttore esecutivo: Andrei Konchalovsky, Robert Little, Phil Robertson, Judy Tossell
Produzione: Egoli Tossell Film Halle, Zephyr Films
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
La recensione di Dr. Film. di The Last Station
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Colonna sonora / Soundtrack di The Last Station
Potrebbe essere disponibile sotto, nei dati aggiuntivi (clic qui).
Voci / Doppiatori italiani:
Ada Maria Serra Zanetti: Sofya Tolstaya
Renato Mori: Leo Tolstoy
Riccardo Rossi: Valentin Bulgakov
Massimo Rossi: Vladimir Chertkov
Eleonora De Angelis: Sasha Tolstoy
Chiara Gioncardi: Masha
Informazioni e curiosità su The Last Station
Ha vinto il premio Miglior Attrice (Helen Mirren) al Festival del Cinema di Roma; la sceneggiatura ha vinto il premio Miglior Sceneggiatura (Michael Hoffman) al Festival del Libro di FrancoforteNote dalla produzione:
NOTE DI PRODUZIONE
The Last Station rappresenta un magnifico esempio di cinema insieme drammatico e sentimentale, ma anche ricco, a tratti, di raffinato humour. Scritto e diretto da Michael Hoffman (Sogno di una notte di mezza estate, Un giorno per caso, Bolle di sapone, Restoration), questo nuovo coinvolgente film racconta il dramma degli ultimi anni nella vita di uno tra i più grandi scrittori della letteratura russa, Lev Tolstoj. Una storia vera che affronta tematiche eterne come la passione, l’amore, la famiglia, l’avidità, l’intrigo, il conflitto e la rivoluzione.
Prodotto da Chris Curling (Zephyr Films), Jens Meurer (Egoli Tossel Film) e Bonnie Arnold, in associazione con Andrei Konchalovsky, la trama del film si dipana intorno a due opposte storie d’amore – la straordinaria relazione, lunga quarantotto anni, tra Tolstoj e sua moglie, l’appassionata Sofja, e l’amore appena sbocciato tra il giovane e idealista segretario personale di Tolstoj, Valentin e Masha, un’insegnante ugualmente devota alle idee dello scrittore.
Allo stesso tempo, il film racconta la furiosa battaglia di Sofja per redimere l’anima del marito. Fermamente convinta che i beni dello scrittore spettino di diritto alla famiglia, combatte con le unghie e con i denti contro Chertkov. Il zelante custode delle teorie tolstoiane è inamovibile, persuaso dell’idea che la fortuna dello scrittore debba essere lasciata in eredità al popolo russo. L’insieme di tutti questi elementi s’intrecciano in un climax avvincente, una tensione e un’emozione che crescono mentre si avvicina, implacabile, la morte di Tolstoj in una remota, piccola stazione nella campagna russa.
Girato nelle suggestive locations scovate nelle bellissime regioni tedesche della Sassonia-Anhalt, Brandeburgo, Thuringia e Lipsia, il film vanta un ensemble di attori di prima grandezza, enormemente apprezzato. A guidare questo cast di stelle è Christopher Plummer (Insider – Dentro la notizia) nella parte di Tolstoj, seguito dal premio Oscar Helen Mirren (The Queen – La regina) nel ruolo di Sofja, James McAvoy (Espiazione) che interpreta Valentin, il segretario privato di Tolstoj, il candidato all’Oscar Paul Giamatti (Sideways – In viaggio con Jack) alias Chertkov, il convinto tolstoiano, Anne-Marie Duff (Magdalene), nella parte di Sasha, figlia devota dello scrittore e Kerry Condon (Roma) nel ruolo di Masha, l’amore di Valentin.
Il film è un adattamento tratto dal best-seller di Jay Parini pubblicato nel 1990. Il romanzo di Parini si ispira alle pagine dei diari di Tolstoj e dei suoi parenti e amici più stretti e riproduce in modo verosimile gli eventi degli ultimi anni nella vita del grande scrittore. Sono stati coinvolti nella lavorazione della pellicola anche i discendenti di Tolstoj, i quali hanno prestato una serie di consulenze durante l’intero progetto. Nel complesso, si è giunti a un film davvero affascinante.
Michael Hoffman comincia col dichiarare: «The Last Station ci offre l’opportunità di superare gli standard consueti del biopic, e di creare un film vivido, commovente sulle difficoltà di vivere l’amore e l’impossibilità di vivere senza di esso. Non è un film su Tolstoj. È un film sui conflitti dell’amore».
Il regista prosegue dicendo: «è una grande storia sulle relazioni umane, che presenta una magnifica contrapposizione tra un vecchio e un nuovo amore. L’essenza del film sta nella grande battaglia tra idealismo e realtà dei fatti. Tutti noi, all’inizio della vita, abbiamo un nostro ideale di come dovrebbe essere l’amore. Ma col tempo ci rendiamo conto che quest’idea contrasta drasticamente con quello che l’amore è nella realtà. Un contrasto affascinante».
«In The Last Station seguiamo il percorso di maturazione di Valentin, dalle sue convinzioni giovanili di ragazzo infatuato con l’idea di un amore spirituale, etereo, fino all’uomo che gradualmente si rende conto che tutto ciò in cui possiamo sperare è la confusione, il disordine dell’amore nel mondo reale. Spero che il pubblico lo troverà un viaggio coinvolgente».
Tale dicotomia è rappresentata dallo stesso Tolstoj, riflette Hoffman. «Viene considerato come un santo vivente, un profeta dell’amore perfetto. Eppure, allo stesso tempo, è ridotto a dover resistere all’interno di un matrimonio terribilmente complicato. Nella sua vita privata è ossessionato dalle difficoltà dell’amore, del modo in cui esso si manifesta nel mondo. In molti lo venerano come l’ultima autorità sull’amore, ma lui non riesce a trovare una soluzione per sé, in salotto o nella stanza da letto. Questo è un conflitto affascinante».
Il produttore Chris Curling richiama lo stesso tema. «The Last Station è la storia di due relazioni amorose.
Tolstoj e Sofja sono una vecchia coppia. Insieme hanno avuto certamente una vita incredibile, hanno lavorato l’uno accanto all’altra e hanno avuto tredici figli. Ciò nonostante sono arrivati al punto che le loro politiche sono talmente diverse che, sebbene l’attrazione sia magnetica tra di loro, non riescono più a vivere insieme».
«Guardare il loro amore con gli occhi di Valentin è un’esperienza profondamente commovente. Dal canto suo, Valentin si sta innamorando per la prima volta e si rende conto che nella vita c’è ben altro che l’idealismo e la politica. Arriva a capire che il solo modo per far funzionare l’amore è di buttarsi, con tutto il cuore. Però osserva, in Tolstoj e Sofja, i pericoli insiti nelle relazioni ed è, attraverso il suo sguardo, che riusciamo a sentire il loro dolore. Si tratta delle emozioni altalenanti di una storia d’amore».
Il produttore esecutivo Phil Robertson aggiunge che: «Sofja e Tolstoj si amano e si odiano allo stesso tempo.
È una passione fantastica oltre che un matrimonio. È incredibile come niente possa spezzare il loro legame profondo. Si lanciano stoviglie e gridano, ma non possono comunque esistere l’uno senza l’altra. Il popolo russo è incredibilmente appassionato. Piangono, litigano, ridono e cantano con un ardore sbalorditivo. Lo esprimono in un modo che è davvero distante dal self-control britannico! Come cineasta è una gioia rara potersi immergere in una cultura straniera come questa».
Secondo Jens Meurer: «The Last Station è un film perfetto per un appuntamento del sabato sera. Un film affascinante che ci parla della nostra incapacità di vivere con e senza l’amore. Ci mostra come l’amore possa essere un’esperienza agrodolce».
Da parte sua, il produttore associato Bonnie Arnold commenta: «Valentin impara ad amare guardando Sofja e Tolstoj, e all’inizio rimane stupefatto di ciò che vede. Però se anche loro stanno affrontando un momento torrido nel loro matrimonio, entrambi sottolineano, in fin dei conti, l’importanza dell’amore».
Certamente, il film non avrebbe potuto funzionare così bene senza un cast di attori tanto eccezionali. Hoffman ne è fiero: «ci sentiamo davvero dei privilegiati per essere riusciti a riunire questo magnifico cast.
Christopher (Plummer), per esempio, conferisce ardore e sofisticazione al ruolo di Tolstoj. Possiede una particolare sensibilità poetica e un piacevole senso dell’umorismo, ma, soprattutto, una formidabile energia.
Molti attori della sua età sentono come di aver visto tutto nella loro vita, Christopher, invece è ancora ansioso di imparare. È un magnifico esempio per tutti noi».
Chris Curling condivide questo parere: «La sua interpretazione è straordinaria, di grande impatto sullo schermo. Una caratteristica ad hoc, giacché Tolstoj dominava qualsiasi situazione. In più ha negli occhi questo singolare luccichio e un senso dell’umorismo incantevole. Ma la cosa più incredibile è che mentre guardi The Last Station, ti dimentichi che quello è Christopher Plummer. Quando recita non cerca mai di attirare l’attenzione su di sé – piuttosto respira il respiro del personaggio. È un vero attore cinematografico – riesce a fare tutto questo con le espressioni del volto, le più sottili. È tutto nel suo viso. Ti trasporta all’interno».
La Meurer ammette che il ruolo di Tolstoj costituiva una preoccupazione prima dei casting, appariva, secondo le sue parole: «in una prospettiva inquietante. Pensavamo, ‘chi potrebbe recitare questo protagonista larger than life, questo personaggio grandioso?’ Ma Christopher sembra fatto apposta per questo ruolo – riesce a combinare una gravità impressionante con una leggerezza straordinaria. Non sembra mai voler dichiarare, ‘ecco a voi un mattatore che recita uno scrittore illustre’, ma lo rende in qualsiasi momento reale. Non è mai un’imitazione o una parodia».
Gli autori sono tutti ugualmente soddisfatti che il progetto abbia coinvolto Helen Mirren nel ruolo di Sofja.
Hoffman afferma entusiastico: «È magnetica in questo ruolo – come Sofja, anche lei non lascia prigionieri! Possiede una tale capacità di penetrazione, come attrice, che il pubblico è immediatamente catturato dalla sua integrità. È sia commovente sia divertente, ma anche molto coraggiosa. Non si sottrae di fronte a nulla. E ciò diventa una grande ispirazione per chiunque. Se lei non si tira indietro, allora non lo farà nessun altro. È una grande qualità».
Curling aggiunge: «Quello di Sofja è un ruolo particolarmente appetitoso per una donna che ha superato i Quaranta – e non ce ne sono tanti in giro. Helen può leccarsi i baffi. Il suo personaggio è intraprendente – scatenato o seducente, canzonatorio o simulatore, può lanciare piatti o tentare di affogarsi. Per una come lei c’è davvero tanto su cui lavorare. Siamo stati davvero fortunati ad avere Helen – è perfetta per la parte. È nata per questo. Lei abita letteralmente il personaggio, appartiene a esso e, quando la vedi, non riesci a toglierle gli occhi di dosso».
I produttori non riescono ancora a credere alla fortuna che hanno avuto quando James McAvoy espresse il suo desiderio di interpretare il ruolo di Valentin. «Lavorare con James offre molti vantaggi, è una persona di qualità come Valentin», osserva Hoffman. «Ha una grande purezza e il pubblico si affida a lui spontaneamente, come fosse un Everyman, uno qualunque. Ne L’Ultimo re di Scozia erano ben felici di farsi guidare da lui, e capita la stessa cosa qui. Il pubblico ha piena fiducia. Non tutti gli attori hanno questa caratteristica – è la cosa più importante che si possa avere. Inoltre James ascolta con attenzione – è sempre assolutamente presente, in ogni momento. È un attore sorprendente e ha una lunga, lunga carriera davanti».
Curling conferma dicendo, «Ho lavorato in passato con James, in Penelope, e sapevo che era la persona ideale per questo ruolo. È un professionista consumato – sul set, lo vedi, è sempre terribilmente concentrato e disciplinato. Per un produttore è una gioia lavorare con lui. L’intera vicenda viene vista attraverso gli occhi di Valentin – è lui che costituisce il centro emozionale del film. Grazie al cielo, abbiamo avuto qualcuno del calibro di James per quella parte – è di fondamentale importanza».
«Inizialmente è stato snervante per noi perché James stava diventando una star globale e sapevamo che avrebbe ricevuto sul tavolo tante altre offerte. Ma siamo davvero grati che abbia scelto di lavorare con noi».
Paul Giamatti è un altro attore dalle qualità eccellenti che i produttori speravano trepidanti di reclutare per The Last Station. Secondo il regista: «Paul è carismatico. Anche se interpreta una vera canaglia, continua comunque a piacerti! E poi è capace di scovare uno spunto comico da una situazione di estrema serietà».
«Paul è un attore infaticabile», dice Chris Curling. «Chertkov è devoto, idealista e subdolo – finirà col diventare il segretario di Lenin. Tutte qualità, queste, che trapelano in modo evidente dall’interpretazione di Paul. È ipnotico».
La ragione principale che ha spinto questi attori di prima classe verso The Last Station è stata l’eccellente qualità scrittoria della sceneggiatura di Michael Hoffman. Curling elogia la sceneggiatura: «Mike è un autore straordinario. La cosa più importante che ha fatto è stata quella di spostare Velentin al centro del film. In questo modo si è conquistato la libertà, come scrittore, di creare un dramma umano convincente, piuttosto che un tradizionale biopic. Il film sarà avvincente per il 99% del pubblico che non ha letto Anna Karenina o Guerra e pace, e non ha idea di chi diamine fosse Tolstoj. Mike vive a Bosie, nell’Idaho, e io immagino che non tutti laggiù sappiano chi era Tolstoj. Ma saranno comunque toccati dalle emozioni che Mike suscita con questo film».
L’autore del libro, Jay Parini, ha elogiato con convinzione l’adattamento di Hoffman: «Mike ha catturato il dramma insito nella storia. Il dramma è, in generale, sempre basato sul conflitto, e gli ultimi anni della vita di Tolstoj sono stati animati da un conflitto dopo l’altro. Non si può evitare il conflitto tra Sofja e Chertkov.
Loro sono come la notte e il giorno e la loro battaglia rispecchia il conflitto intimo di Tolstoj, diviso tra due pensieri opposti. È grandioso che la sceneggiatura di Mike abbia avuto una comprensione così profonda e che quindi The Last Station sia basato sul conflitto psicologico e l’eterna lotta tra spiritualità e materialità».
Hoffman aggiunge che, scrivendo The Last Station, ha avuto la netta sensazione che fosse un fattore cruciale quello di riuscire a mescolare i toni e a intrecciare commedia e tragedia. «Prima di scrivere la sceneggiatura, sono andato a rileggere le più importanti opere del teatro di Chechov. Chechov è uno dei miei autori preferiti e gli devo moltissimo perché mi ha aiutato a comprendere quale doveva essere il tono. Volevo creare una storia nella quale tragedia e commedia si muovessero di pari passo».
Curling è altrettanto pronto a confermare anche le doti registiche di Micheal Hoffman. «Era un attore anche lui, e si vede, perché la sua più grande capacità sta nel lavoro con gli attori, ogni giorno trova uno spazio per loro. La recitazione è la sua priorità su tutto e riesce a ottenere delle interpretazioni fantastiche dal cast. È per questo che andiamo al cinema – per vedere interpretazioni tanto straordinarie».
La Meurer sottolinea che Hoffman aveva esattamente la giusta sensibilità per questo progetto. «Mike è il regista più euroamericano che abbia mai incontrato. Ha un grande potere di comprensione, passione e rispetto per quello che abbiamo qui in Europa. È riuscito a mettere insieme un cast e una troupe internazionale e a creare un film che va oltre ogni confine».
The Last Station affronta inoltre molti aspetti prettamente politici. Phil Robertson ritiene che: «uno dei temi portanti del film è la contraddizione di questo nobile conte che scrisse un grande manifesto socialista. Le due cose non vanno necessariamente mano nella mano. Proprio qui risiedeva l’intimo contrasto di Tolstoj. Una formidabile tensione drammatica. E di certo, gran parte dei film hanno a che fare con una contesa – interiorità ed esteriorità, ricco e povero. The Last Station disegna una mappa straordinaria di tutto questo».
Il film è altrettanto forte sul tema delle politiche sessuali. Bonnie Arnold afferma che le idee sviluppate in The Last Station sono molto moderne: «In pubblico Tolstoj era venerato. È stato lui la prima celebrità, il ‘Brangelina’ dei suoi tempi e, se li mettiamo a confronto, Tolstoj e Sofja erano assolutamente due pari. Lei non ha mai lasciato che la carriera e la notorietà del marito interferissero con la loro relazione. Diceva: ‘tu non sei solo uno scrittore – sei un marito e un padre, anche’. È stato dannatamente audace da parte sua, per quel periodo. Come Hillary Clinton o Margaret Thatcher, Sofja sapeva reggere il confronto! Era una donna veramente strabiliante, e l’ammiro molto per questo. Mi identifico assolutamente con la storia di Sofja!»
Meurer aggiunge che: «Tolstoj era un uomo talmente affascinante, una tale massa di contraddizioni. Era l’autore di Anna Karenina, la più grande storia d’amore mai scritta. E però, più avanti nella sua vita, predicò il celibato, senza riuscire mai a mantenere i suoi propositi! Questo risveglierà l’attenzione del pubblico perché tutti noi abbiamo aspettative su noi stessi cui non riusciamo in nessun modo a tenere fede».
I drammaturghi sono da sempre attratti dalle vite dei grandi artisti. Hoffman ne spiega il motivo: «La vita di un artista fornisce una tensione costante tra le richieste dell’opera e le richieste dell’amore. Viene presentata sempre una dama – che sia l’opera stessa o una donna – e c’è sempre un conflitto. Per questo le vite degli artisti si accordano così bene con la drammaturgia».
I produttori hanno apprezzato l’esperienza di lavorare in Germania – hanno trovato superbe sia le locations sia le persone. Il paesaggio tedesco possedeva anche un senso di autenticità mitteleuropeo che ben si adattava alla situazione. Chris Curling rivela che: «inizialmente mi sentivo nervoso al pensiero di dover prendere questo gruppo di persone eccezionalmente dotate e portarle in una parte della Germania piuttosto remota, ma, di fatto, tutti quanti l’hanno apprezzato. La Germania ha una massiccia importanza culturale e storica, e la gente è davvero accogliente. È un luogo eccezionale per un film. Abbiamo avuto una giusta intuizione a girare il film laggiù».
In conclusione, cos’è che gli autori di The Last Station sperano che il pubblico tragga da questo film? «Spero che la gente rida e pianga», risponde Curling. «Le scene tra Tolstoj e Sofja, Valentin e Masha sono intensamente commoventi, ma anche divertenti per davvero. Quando vado al cinema mi piace ridere e commuovermi. Il film mi ispira proprio questo».
Da parte sua, Phil Robertson crede che il film toccherà i giusti tasti nel pubblico. «The Last Station affronta tematiche universali. Si basa tutto sull’amore e tutti quanti amiamo i film sull’amore! È qualcosa su cui chiunque può relazionarsi. Non è solo un film su uno scrittore morto. Il pubblico non dovrà pensare, ‘Oddio, si parla di uno scrittore morto per cui sarà alienante e intellettuale!’»
Robertson conclude affermando che: «è un film sull’amore e sulla vita. Si parla del rapporto tra due persone anziane viste attraverso gli occhi di una persona giovane che si sta imbarcando in una storia d’amore. Queste sono situazioni che ci troviamo spesso ad affrontare. Ecco perché penso che The Last Station avrà una risonanza universale. Ci siamo passati tutti».
«Quando vai al cinema, vuoi essere trasportato in un altro luogo e non pensare a dove sei o da dove vieni.
Per due ore, vuoi essere trasportato in un regno nel quale si possano raggiungere tutte le emozioni, che ti faccia riflettere, ti metta allegria o che ti commuova. The Last Station fa tutte queste cose – e anche di più.
Hoffman lo descrive come una versione di ‘Cechov pompato di steroidi’, e con questo intende che è un film che appassiona, diverte, emoziona. Tutto sommato, penso che il pubblico troverà The Last Station affascinante in ogni senso».
I PROTAGONISTI
Sofja Tolstoj
Helen Mirren interpreta il ruolo di Sofja, l’appassionata moglie dell’autorevole scrittore Lev Tolstoj (Christopher Plummer). Sofja si trova costretta a un’estenuante lotta per la redenzione del marito, sconvolgendo gli equilibri della loro relazione con traboccante spirito e ardore. Contro di lei si schiera il più zelante di tutti i “tolstoiani”, Chertkov (Paul Giamatti). Da una parte egli crede con tutto il suo cuore che il lascito di Tolstoj debba essere lasciato in eredità all’intera popolazione russa, dall’altra Sofja è assolutamente decisa a difendere quello che vede come un suo sacrosanto di diritto e a pretendere che le proprietà di suo marito vengano lasciate alla famiglia dopo la morte di lui.
Ha inizio la più titanica battaglia per stabilire quale sia il reale patrimonio dell’autore.
Helen Mirren, che a buon diritto è stata premiata come Miglior Attrice agli Oscar per la sua regale interpretazione in The Queen – la Regina, comincia col dichiarare che da subito ha sentito una grande affinità con il personaggio di The Last Station, forse per un comune retaggio russo. «Scorre nelle mie vene», sorride.
«La mia bis-bis-bisnonna era una contessa in Russia. Quel ramo della mia famiglia faceva parte dell’aristocrazia russa, invece quello inglese apparteneva alla classe operaia. Perciò io stessa sono una bella contraddizione!»
Al di là di questo, l’attrice è stata attratta da Sofja perché: «mentre leggevo la sceneggiatura, ho pensato ‘questo è uno dei più straordinari ruoli femminili al cinema!’ Molto spesso le donne negli script vengono descritte come ‘long-suffering’ [che tiene duro di fronte alle difficoltà], ma Sofja è tutto l’opposto! Non si sottomette a nessuno in nessuna circostanza. È una persona magnificamente tempestosa e passionale. Anche molto divertente. È un ruolo favoloso. Ogni volta che Sofja è presente, è lei a dominare completamente la scena. È stato molto bello recitare questo ruolo. Lei arriva, scompiglia la situazione e ne prende il controllo con passione e charme».
Questa passione si manifesta in un memorabile braccio di ferro con Chertkov riguardo al lascito di Tolstoj.
La Mirren spiega che: «per Tolstoj e Sofja si avvicina la fine della loro vita e dei loro 48 anni di matrimonio.
Seguiamo la loro storia a partire da uno scontro interno, presi in un animato confronto su ciò che accadrà dell’eredità dello scrittore – il diritto d’autore, le proprietà immobiliari, i soldi. La famiglia di Tolstoj oggi è molto grata a Sofja che ha combattuto caparbiamente per fare in modo che il podere restasse in famiglia – ancora oggi è una loro proprietà».
«Combatteva a difesa dei suoi diritti perché aveva dedicato tutta la sua vita al lavoro di Tolstoj. Aveva copiato Guerra e pace per sei volte – pensate che lavoro! Aveva un coinvolgimento attivo su tutto ciò che riguardava l’operato del marito, i romanzi appartengono in un certo senso anche a lei. Oggi, in una situazione simile di una coppia che divorzia, se la moglie dimostra di essere stata, nel corso del loro matrimonio un supporto costante, per legge il marito deve cedere alla moglie metà di quello che possiede, in quanto lei ha contribuito a farglielo ottenere. Succede la stessa cosa tra Sofja e Tolstoj. Lei si batte semplicemente per quello che le appartiene».
Helen Mirren, che ha dato prova delle sue eccezionali qualità come interprete anche in State of play, Inkheart – La leggenda di Cuore d'Inchiostro, Prime Suspect, Elizabeth I, Calendar girls, Gosford Park, L'ultimo bicchiere, e La pazzia di Re Giorgio, prosegue dicendo di aver avuto un interesse magnetico per l’imponente passione tra Sofja e Tolstoj così come trapelava dalla sceneggiatura di Michael Hoffman. «Michael ha scritto uno script superbo e sta preparando un film magnifico. Sceneggiature meravigliose non capita di leggerle tanto spesso e questa lo è per davvero».
«Il film tratta il tema dell’amore – vecchio e giovane. Mostra i problemi pratici e i disastri impliciti nell’amore. Ci sono alcune battute di Sofja che preferisco, tra le altre. A un certo punto Tolstoj le dice, ‘Perché devi rendere tutto così difficile?’, e lei risponde ‘Per quale motivo dovrebbe essere facile? Io sono il lavoro della tua vita e tu il lavoro della mia – ecco vedi, questo è l’amore’. È una battuta grandiosa».
L’attrice ha adorato le scene con Plummer. «Conoscevo Christopher da tanto tempo – aveva una parte in un film chiamato L’ultima eclissi, diretto da mio marito [Taylor Hackford]. È un magnifico interprete. È un attore della mia stessa tradizione, come me conosce bene il lavoro al cinema e in teatro. Recitare con lui è stato formidabile».
La Mirren conclude rivolgendo un apprezzamento alla Germania, e in particolare alla regione della Sassonia-Anhalt, dove è stata girata la gran parte del film. «Non mi era mai capitato di restare per molto tempo in Germania prima, ma è grandioso. Siamo arrivati in inverno e abbiamo visto germogliare pian piano una primavera meravigliosa. È molto, molto bella. A essere sinceri, stando lì ho inventato l’idea della ‘Sexy Anhalt’(1) Mi piace quella regione, è davvero sexy. È splendida!»
Lev Tolstoj
Christopher Plummer è il protagonista di The Last Station, il volto e il corpo del romanziere russo. Quando ci si rende conto che, per il grande scrittore, la vita volge al termine, due fazioni si scontrano per il suo lascito.
La moglie Sofja (Helen Mirren) determinata a che la proprietà rimanga alla famiglia, e Chertkov (Paul Giamatti), il più acceso sostenitore di Tolstoj, il quale sostiene che i beni debbano essere lasciati in eredità al popolo. Mentre la fine dei suoi giorni si avvicina e Tolstoj elegge una stazione ferroviaria come luogo per riposare in pace, un’eccezionale battaglia imperversa intorno allo scrittore morente.
L’attore, tra i grandi di Hollywood, dice di essere stato attratto dalle eccellenti qualità della sceneggiatura scritta da Michael Hoffman. «Mi è molto piaciuto quello che Michael ha fatto. In un film è impossibile rappresentare il genio – ci vorrebbe una mini-serie di sei puntate almeno. Perciò, quello che Michael ha scelto di fare con molta maestria è di concentrarsi prettamente su un unico aspetto dello scrittore. Ci mostra una serie di ritratti che rappresentano le emozioni dell’autore, focalizzati, però, tutti sulla sua vita matrimoniale. Così facendo ci viene rivelato molto di Tolstoj come uomo».
Plummer, celebre a molte generazioni come il capitano Von Trapp nel film senza tempo, Tutti insieme appassionatamente, è stato lieto di poter lavorare su un personaggio di una complessità tanto rara. «Sono elettrizzat all’idea di recitare questo ruolo», si entusiasma. «Ho colto quest’opportunità al volo. Nella mia carriera spesse volte mi è capitato di interpretare personaggi realmente esistiti, per esempio Rudyard Kipling e il Duca di Wellington, e ho sempre apprezzato la sfida. Mi piace tutto il lavoro di ricerca, e poi, se ce n’è bisogno, con un po’ di trucco il gioco è fatto!»
Quello che Plummer si è divertito in modo particolare a far trapelare in Tolstoj è stata la sua natura contraddittoria. «È un vero ipocrita», ride l’attore che ha recitato in film memorabili come Insider – Dietro la Verita', L'uomo che volle farsi Re, I lunghi giorni delle aquile, Waterloo, La battaglia delle aquile, Gesù di Nazareth, Il ritorno della Pantera Rosa, e A beautiful mind. «Dice che libererà i contadini, ma vive una vita da aristocratico! Dice che aiuterà lo zar ad abbattere la servitù della gleba, eppure continua a sedersi a tavola e a essere servito da camerieri!»
«Durante tutto il suo matrimonio ha avuto anche moltissime relazioni. Vive una doppia vita. Un attore deve sempre apprezzare il lato irriverente. Credo che Tolstoj avesse gli occhi vispi, e così ho tentato di conferirgli un marcato senso dell’humour».
Plummer continua affermando che molti degli atteggiamenti di Tolstoj erano davvero moderni, qualcosa che avrà un sicuro riscontro sul pubblico di oggi. «È un personaggio in tutto e per tutto contemporaneo», riflette l’attore. «Per esempio, considera il matrimonio in maniera molto moderna. Non condivide la tradizione diffusa nei circoli di giovani aristocratici di allora di considerare la donna come essere minore. Tolstoj onorava le donne ed era sempre guidato dalla passione».
«Anche Sofja è un personaggio molto moderno. Aiuta Tolstoj nel suo lavoro. Corregge le bozze e copia i suoi romanzi. Ha un ruolo decisivo nella vita del marito. Per questo credo che alla fine del film, quando le confessa la sua intenzione di voler lasciare l’eredità al popolo, dimostra una singolare insensibilità. Sembra proprio che lei abbia fatto un cattivo investimento. Gli vorresti dire, ‘aspetta un momento, ha lavorato così tanto per aiutarti!’»
Uno dei motivi che hanno spinto Plummer a partecipare al film è stata la prospettiva di lavorare con Helen Mirren. «Ho scelto di interpretare questo film, tra l’altro, anche per avere l’opportunità di lavorare con Helen», sorride. «Se fosse stata un’attrice qualsiasi, non sarei stato interessato allo stesso modo. Ma Helen è una delle mie attrici preferite – l’ammiro enormemente da tanto tempo».
«Sono molto poche le attrici al suo livello. Lei può fare qualsiasi cosa. È una delle più bravi attrici in lingua inglese. È carismatica, impertinente, divertente e sexy. Non smetterà mai di essere sexy, anche quando arriverà a 90 anni! Non lascerà che lo si possa dimenticare. Sono pazzo di lei!»
Plummer aggiunge che è stato davvero molto contento di girare il film in Germania. «Il paesaggio tedesco è incantevole. La campagna ha una bellezza straordinaria. È molto commovente. Le colline ondeggianti sono fantastiche con la luce della sera. Questo paese è davvero affascinante».
L’attore conclude sottolineando il piacere di vestire i panni di uno dei personaggi principali in The Last Station. «Tolstoj è una figura immensa, globale. Lo considero come fosse un ruolo classico e difatti, supera la prospettiva umana, è larger than life. Nel complesso, questa è stata una delle esperienze professionali che ho apprezzato di più. Come avrei potuto non amare la possibilità di recitarlo?»
Valentin Bulgakov
James McAvoy interpreta Valentin, il giovane idealista che si trova a lavorare come segretario di Tolstoj.
Chertkov, che sta battagliando con Sofja, la moglie dello scrittore, a proposito del lascito di Tolstoj, tenta di reclutarlo come spia per la sua causa, ma Valentin è fondamentalmente reticente all’idea. E così Chertkov si vendica scacciando Masha dal podere di Tolstoj, Masha la bella e giovane insegnante di cui Valenti è innamorato.
L’attore, una stella emergente, richiestissimo in questo periodo su entrambi i lati dell’Atlantico, dice di essere stato catturato all’istante dal personaggio di Valentin. «È un osservatore, come alcuni dei ruoli che ho recitato in passato, come il Dott. Nicholas Garrigan in L’ultimo re di Scozia. È innocente e vergine, uno studioso idealista innamorato dell’idea di Tolstoj. Egli rappresenta il concetto di essere innamorati di un’idea».
«Attraverso questo personaggio si parla del pericolo di deificare i leader. Di certo, tale questione ebbe una grande risonanza quando scoppiò la Rivoluzione Russa sette anni dopo la morte dell’autore. Tolstoj non avrebbe preso le parti dei rivoluzionari, ma si potrebbe affermare che con il suo lavoro ha spianato loro la strada. Valentin e Chertkov rappresentano i due modi molto diversi in cui il lavoro di Tolstoj ha influenzato le persone».
L’attore, che ha recitato in pellicole di grande successo come Wanted – Scegli il tuo destino, Espiazione, L'ultimo re di Scozia, Il quiz dell’amore, Penelope e Le cronache di Narnia: Il leone, la strega e l'armadio, prosegue dicendo che tra Valentin e Tolstoj si stabilisce da subito un legame. «Lo scrittore apprezza enormemente la franchezza. È affascinato dall’eterna ricerca verso la verità. Quando trascrive la Bibbia, semplifica il Vangelo nella speranza di arrivare più rapidamente al cuore della questione. Riconosce in Valentin quell’amore per la verità. Questo è quello che li avvicina».
McAvoy, che viene da Glasgow, Scozia, continua spiegando il motivo per cui Valentin infine sarà disilluso dalle idee di Tolstoj. «Si disamora delle idee dello scrittore perché comincia a rendersi conto che la vita di Tolstoj contraddice i suoi insegnamenti», dice l’attore, che è sposato con Anne-Marie Duff, che interpreta Sasha nel film.
«Osserva che c’è un grande tumulto nella vita del suo mentore e un profondo disaccordo con sua moglie, eppure tutta l’opera di Tolstoj parla della supremazia dell’amore. Valentin trova le cose difficilmente conciliabili. Le incongruenze rendono difficile per Valentin il perseguire nella prospettiva idealizzata che aveva costruito nella sua testa».
L’altro grande aspetto della storia di Valentin è la sua tormentata storia d’amore con Masha. «In molti casi, il film parla dell’impossibilità di amare», riflette McAvoy. «All’inizio si sente attratto da Masha per la stessa ragione per cui è attratto da Tolstoj: l’abilità di tagliare fuori dalla vita tutte le assurdità. Valentin e Masha condividono questa grande passione per gli ideali di Tolstoj e l’uno per l’altra. Ma sulla via del loro amore si trovano a dover affrontare ogni tipo di ostacolo».
James McAvoy, un assiduo tifoso del Celtic Football Club, sottolinea quanto speciale è stato il rapporto professionale con Michael Hoffman, il regista e sceneggiatore di The Last Station. «Mike e io abbiamo parlato del film la prima volta qualche anno fa, ancora prima che io andassi in Uganda a girare L'ultimo re di Scozia. Sono rimasto fedele a The Last Station in tutti questi anni perché era una grande opportunità di recitare una sceneggiatura molto ben scritta». L’attore e il regista hanno trovato da subito un legame nello sport. «Mike è un tifoso accanito del Manchester United», rivela McAvoy. «Una sera stava giocando con il Celtic e abbiamo da subito legato grazie a questa cosa!»
McAvoy conclude sottolineando che Tolstoj è stato un magnifico soggetto per il film. «L’autore russo ha ancora un grande fascino su di noi, perché il suo lavoro è universale. Parla davvero alla gente. Altri artisti possono non durare molto, ma Tolstoj lo farà. Leggeremo ancora Tolstoj tra qualche centinaia di anni».
Vladimir Chertkov
L’acclamato attore Paul Giamatti interpreta il ruolo di Chertkov, lo zelante discepolo di Lev Tolstoj.
Determinato a tenere viva la fiamma tolstoiana a ogni costo, intraprende una feroce battaglia di volontà con Sofja sull’anima dello scrittore. Vuole disperatamente persuadere Tolstoj a firmare un nuovo testamento e lasciare il podere in eredità al popolo.
Giamatti, che al suo attivo vanta una serie di intense interpretazioni in film come Sideways – In viaggio con Jack, American Splendor, e Salvate il soldato Ryan, comincia col sottolineare che anche prima di accettare la parte era un grande fan del romanzo di partenza scritto da Jay Parini. «Sono sempre stato affascinato da Tolstoj e avevo già letto The Last Station. È un romanzo assolutamente avvincente».
Quando Giamatti lesse l’adattamento per lo schermo di Michael Hoffman, la prospettiva di apparire nel film fu irresistibile. «È una sceneggiatura davvero ben scritta», afferma entusiasta l’attore che ha interpretato il title role nella rinomata serie TV sul presidente americano, John Adams. «Il punto di vista di Michael rispetto al libro è geniale. Riesce a cogliere con grande maestria gli elementi comici che sono insiti nella storia».
Giamatti era affascinato anche dall’idea di interpretare un personaggio tanto impegnativo come Chertkov, un uomo pedissequamente dedito alla causa tolstoiana. «È una specie di fanatico», osserva l’attore. «È uno di quei tipi incredibilmente coscienziosi che non hanno molta immaginazione. È un discepolo devoto che diventa anche più dogmatico del suo leader. È uno strano fenomeno – molte persone che aderiscono a una causa finiscono col voler diventare migliori del proprio leader».
L’attore sta attento, tuttavia, a non dipingere Chertkov secondo le tonalità del bianco e nero. «Spero che si riesca a evitare di farlo apparire come cattivo da cima a fondo. Cerchiamo di esplorare che cosa l’ha reso quello che è oggi. È così ossessionato che non si rende conto di essere manipolatorio. Ma certamente lo è perché è davvero coinvolto. La sua filosofia è ‘con ogni mezzo possibile’. Secondo il suo punto di vista, farà tutto quel che è in suo potere per salvare l’umanità».
A tutto questo, Giamatti aggiunge: «c’è una scuola di pensiero per cui Chertkov era veramente una forza benefica. Di certo ha fatto delle cose straordinarie – per esempio, ha avviato una casa editrice che per la prima volta rendeva disponibile in Russia i testi sacri. Anche il suo passato è molto interessante e, in qualche modo, potrebbe spiegare il suo comportamento, quello che è diventato. Risulta che fosse figlio illegittimo dello Zar e che proveniva da una famiglia agiata, un retaggio aristocratico».
«La conversione di Chertkov avvenne perché reputava sbagliato che la gente riuscisse a ottenere le cose con troppa facilità. Era avvinto da un profondo disprezzo verso sé stesso, la sensazione che non meritava di vivere un’esistenza privilegiata. Quando incontrò Tolstoj, si trovava, diciamo “sulla via di Damasco” – e fu come colto da illuminazione, ebbe una vera e propria epifania. Si immedesimò immediatamente con Tolstoj e pensò, ‘questo è il modo in cui devo condurre la mia esistenza’».
L’ardore di Chertkov lo porta a scontrarsi con il giovane Valentin, studente idealista che lavora come segretario di Tolstoj. «Il modo in cui Chertkov tratta Velentin è malato e contorto!», esclama Giamatti, che di recente è apparso in Duplicity. «È straordinariamente manipolatorio nei confronti del povero ragazzo. Usa Valentin perché lo crede innocente, malleabile, non farà domande e sarà un ottimo strumento. Ma si sbaglia di grosso. Il problema è che Chertkov è un narcisista totale che vede il modo solamente attraverso la sua lente».
L’attore ha adorato che gran parte della lavorazione si sia svolta in Germania. «Mi sarebbe piaciuto fare di più in Germania. Non ci ero stato per molto tempo in passato, ma la gente e le locations sono magnifiche. In effetti, potenzialmente avrei in progetto un altro lavoro laggiù e sto pensando di accettare solo perché è un paese incantevole».
Ma soprattutto, Giamatti ha apprezzato il fatto di aver lavorato con attori eccellenti in The Last Station. «Inizialmente, una delle prospettive più allettanti era il cast. Christopher, Helen, James, Anne-Marie, John e Kerry sono stati fantastici. Sono stati all’altezza di tutto quel che potevo sperare – e anche di più!»
Sasha Tolstoj
Anne-Marie Duff interpreta Sasha, la figlia di Tolstoj. È, in assoluto, devota al padre e ha una relazione estremamente difficoltosa con la madre. Nel corso della storia, i rapporti tra Sasha e Sofja vanno progressivamente a deteriorarsi.
La Duff, ritenuta giustamente una delle più raffinate giovani attrici in Inghilterra, dice a convincerla ad aderire al progetto è stata l’appassionante sceneggiatura di Michael Hoffman. «È uno script davvero magnifico, allettante per un attore perché sembra quasi una commedia teatrale. È come leggere Chechov o Gorky. Il gruppo di personaggi che viene rappresentato è ben delineato. Sono tutti così ben descritti e credibili. Si agitano tutti come lucciole intorno alla fiamma di Tolstoj e sua moglie. È meraviglioso poterlo rappresentare. Nel film ci sono queste bellissime scene lunghe che sono state una gioia da girare».
L’attrice, che ha fatto parte del cast di Magdalene, Diario di uno scandalo e Is Anybody There?, continua col dire che è rimasta affascinata dal personaggio di Sasha. «È molto complessa. È completamente infatuata dal padre e la sua intera esistenza gira intorno a lui. Adora la sua filosofia ed è assorbita dal suo lavoro. Anche quando sarà una donna anziana, più avanti nel tempo, si occuperà di un Museo su Tolstoj. Gli è molto attaccata – non c’è nessun altro nella sua vita. Egli rappresenta il suo vero eroe. Ma l’aspetto negativo è che non ha alcun rapporto con la madre».
Sasha ha delle liti furiose con la madre. La cosa avrebbe potuto creare delle tensioni tra le attrici, ma, fortunatamente, la Duff e Helen Mirren sono amiche di vecchia data. «Ci conosciamo da parecchio», ride l’attrice. «Abbiamo lavorato in teatro otto anni fa, era una commedia teatrale con due soli personaggi e siamo rimaste in contatto da allora. Helen è adorabile, non è assolutamente schizzinosa, nemmeno un po’. Con lei la passo liscia, qualsiasi cosa faccia!»
La Duff, brava attrice del piccolo schermo che ricordiamo in un’interpretazione memorabile come Elisabetta I in The Virgin Queen, ha trovato altrettanto gradevole la collaborazione con Christopher Plummer nella parte di Tolstoj. «All’inizio ero nervosa perché lui è una leggenda, ma non avrei dovuto preoccuparmi. Christopher è affascinante. Mi piace quando hai l’opportunità di ascoltare gli attori più anziani che parlano delle loro carriere. Faresti fatica a credere alla quantità di storie che Christopher potrebbe raccontare. Non c’è nessun beniamino cinematografico con il quale non abbia lavorato! È una benedizione – potrei restarmene seduta lì e ascoltarlo per tutto il pomeriggio».
La Duff, che ha lavorato in oltre in produzioni TV quali Shameless, Charles II: The Power and the Passion, The Way We Live Now, The History of Mr Polly, ritiene che Tolstoj sia un formidabile soggetto per un film. «Mi piacciono i suoi romanzi», si illumina. «Li avevo letti tutti prima e li avevo trovati semplicemente magnifici. Quando prendi un altro libro poi, finito uno dei suoi romanzi, senti come se ti stessero derubando. E poi è una figura di spicco in Russia e questo è uno degli aspetti veramente interessanti che il film esplora».
L’attrice, sposata con James McAvoy, Velentin in The Last Station, crede che il pubblico si farà trascinare dal film. «Spero che il pubblico si lasci catturare dalla folle, complicata storia d’amore tra Tolstoj e sua moglie. In loro alcuni elementi richiamano Richard Burton e Liz Taylor. E noi amiamo sbirciare il retroscena, sapere cosa avviene dietro la porta nelle case di quelle persone che consideriamo intoccabili – Lo sa Dio, siamo una cultura talmente ficcanaso!»
La Duff, che con un cambiamento totale sta recitando attualmente il ruolo della madre di John Lennon nel film di Sam Taylor-Wood, Nowhere Boy, conclude con un apprezzamento nei confronti delle capacità di Michael Hoffman come regista. «Mike è stato un attore e parla il nostro stesso linguaggio. Questo ci ha aiutati infinitamente – è davvero meraviglioso con gli attori. Tutto sommato, è un regista straordinario e credo che sia evidente nel prodotto finale».
Masha
Kerry Condon interpreta Masha, una giovane e bella insegnante. Quando Valentin giunge nel podere di Tolstoj carico delle sue convinzioni e la incontra, se ne innamora all’istante e dimentica il suo voto di castità.
Per punirlo di ciò che considera come un’insubordinazione, l’astuto Chertkov esilia Masha. E sembra, così, che l’ardente amore tra i due sia destinato a estinguersi per sempre.
La Condon, che si è fatta un nome grazie alla sua interpretazione di Ottavia dei Giulii nel telefilm HBO/BBC, Roma, è stata davvero lieta di aver ricevuto la proposta di interpretare questo ruolo in The Last Station. Il personaggio di Masha le ha comunicato da subito qualcosa.
«È insolito incontrare questo tipo ruoli», afferma l’attrice nata a Tipperary, Irlanda. «Masha rappresenta il plot romantico, un personaggio ben classificato, ma allo stesso tempo è ancora molto altezzosa, forte e indipendente. Non è la tipica romantica – e questo mi attraeva in modo particolare».
E prosegue elencando le altre caratteristiche di Masha. «È molto sicura di sé, baldanzosa e non si lascia comandare facilmente. Viene da una famiglia molto abbiente, ma ha rinunciato a tutto quello che aveva per seguire Tolstoj. Le persone che provengono da un ambiente facoltoso tendono ad avere questo tipo di sicurezza in quello che fanno».
«È una bohémienne che rimane affascinata dall’idealismo di Tolstoj. Non crede che sia necessario imporre qualcosa alla gente, magari attraverso la Chiesa. Piuttosto, Masha crede che la filosofia di Tolstoj sia un modo di fare le cose in modo giusto e generoso».
L’attrice ha le idee chiare sul perché tra i due giovani scatta una forte attrazione. «Valentin si trova lì in quella casa per la stessa ragione per cui ci si trova lei. Hanno in comune uno stesso ideale. E poi lui non è stato ancora corrotto in nessun modo, ed è molto timido e a lei piace la cosa perché, nonostante tutta la sua sicurezza, Masha è anche molto timida. Riconosce quell’aspetto di sé in lui».
La Condon è felice di aver avuto l’opportunità di lavorare con un cast di prima grandezza. Si è divertita in modo particolare nelle scene con James McAvoy, che recita la parte di Valentin. «È molto dolce», si illumina mentre parla. «Ed è semplice lavorare al suo fianco. È molto generoso. Recita altrettanto bene quando la telecamera lo inquadra oppure no. Durante i miei primi piani, ha sempre dato il cento per cento. Questo è il segnale di un attore davvero altruista».
L’attrice parla con entusiasmo anche delle qualità degli altri attori. «Paul [Giamatti] è divertente. Ce ne andavamo spesso in giro insieme. Anche Helen [Mirren] è stata fantastica. Da sempre la considero una mia eroina. È bellissima e una presenza davvero notevole. Ho imparato tantissimo da lei. Crede nel suo istinto. È molto sicura del suo giudizio».
Apprezzamenti anche per il regista di The Last Station, Michael Hoffman. «Gli piacciono proprio gli attori in quanto persone, per questo è davvero comprensivo nei nostri confronti. Ci puoi sempre parlare e lui è sempre pronto ad ascoltare. Ha lavorato per molto tempo come regista teatrale, e a teatro ci si concentra in modo particolare sullo sviluppo dei personaggi. Mi piace veramente tanto questo modo di lavorare».
Infine l’attrice riflette sul perché rimaniamo incantati da Tolstoj affermando che: «possedeva un grande idealismo. Non era mai categorico. Non predicava – si limitava a suggerire. Il suo era un modo di pensare molto pacifico. Non credeva mai di essere al di sopra di qualcun altro e non ha mai detto che le persone sarebbero andate all’inferno se non avessero seguito le sue parole. Abbracciò valori eterni e compassionevoli. Le sue idee hanno superato il test del tempo e sono ancora valide oggi. Ed ecco perché è un soggetto tanto affascinante per un film».
Dushan
John Sessions interpreta Dushan, il dottore che vive nel podere dei Tolstoj e si occupa del grande scrittore quando la salute di questi comincia a peggiorare. La vicinanza all’autore lo porta a diventare un discepolo fervente della causa tolstoiana, così come viene promulgata evangelicamente da Chertkov (Paul Giamatti).
Sessions ha ottenuto l’assegnazione della parte senza nessuna audizione preliminare e, dal canto suo, non c’è stata alcuna esitazione prima di accettare. «Ero entusiasta di fare un film su Tolstoj, che è uno dei miei autori preferiti», si illumina lo scozzese, un uomo colto, oltre che un bravo attore. «Mi piace recitare pièce di carattere storico come Tom Jones, Gormenghast e Boswell and Johnson. Mi piace muovermi in queste ambientazioni antiche, anche se le parrucche non mi danno alla testa! Sono particolarmente innamorato dell’epoca in cui The Last Station è ambientato – un periodo in cui tutto si misurava in base alla perdita dell’innocenza».
L’attore, che è apparso anche in film come Il mercante di Venezia, Gangs of New York, Sogno di una notte di mezza estate, La principessa degli intrighi, continua con la descrizione del suo personaggio dicendo che: «per Dushan, la convivenza con Tolstoj è un’epifania. Diventa un fedele assoluto dello scrittore, tanto fanatico quanto lo è Chertkov. Vorrebbe passare la vita intera al servizio del grande pensatore».
Sessions è rimasto fortemente impressionato dall’adattamento di Michael Hoffman del romanzo di Jay Parini. «Uno dei fattori che più rendono piacevole l’adattamento di Mike è che funziona come uno dei romanzi di Tolstoj. Ci pone domande essenziali: chi è che possiede la verità che sia più valida? Sofja o Chertkov?»
«La messa in scena di questo contrasto è concepita in modo formidabile. Da un lato, Chertkov sta lottando per ottenere il diritto di proprietà sul podere di Tolstoj, vuole sottrarlo alla famiglia per cederlo allo stato.
Egli sente che guadagnare soldi è osceno e che Tolstoj, concedendo la sua ricchezza, svolga un suo dovere, un servizio verso il popolo russo e verso sé stesso. È il primo tra i seguaci tolstoiani – che sono come un fan club appassionato, ed è fermamente convinto che il corpus del lavoro dello scrittore non debba essere insudiciato dalla famiglia, essere utilizzato come oggetto da cui trarre il più cospicuo guadagno».
«Molto comprensibilmente Sofja, dall’altro lato, vede tutto questo come una diabolica licenziosità ed è determinata a fare in modo che la proprietà resti nelle mani della famiglia. Sente che il marito è trasportato da Chertkov, una figura che odia e che ironicamente definisce come l’‘amante di Tolstoj’. Tutto sommato costruisce a un avvincente conflitto. Come in Guerra e pace, questa è una storia d’amore e odio sorprendentemente moderna che parlerà sicuramente ai cuori degli spettatori di oggi».
John è stato felice di lavorare con un cast di così ampio prestigio. «È stata una gioia», afferma con entusiasmo. «È un vero privilegio anche solo guardare questi grandi attori al culmine delle loro esibizioni.
Christopher, per esempio, conferisce alle situazioni una tale levatura. È un attore shakespeariano superbo e, nei panni di Tolstoj, si muove come il Lear. È assolutamente magnetico».
L’attore è rimasto ugualmente contento della collaborazione con Helen Mirren. «Nella realtà, Sofja era una donna pingue, con i capelli scuri – molto diversa da Helen che è bionda e minuscola! Helen ha contribuito a trasmettere al ruolo questo straordinario miscuglio di sfacciataggine civettuola e di intensa emotività. È una figura appassionata che si sente offesa ingiustamente, col cuore spezzato. Sofja è tanto appariscente quanto la Elisabetta I di Helen era trattenuta. Tutti quelli che si aspettano di vedere un’altra versione della Regina interpretata da Helen resteranno delusi!»
NOTE
(1) Gioco di parole. In inglese il nome della regione tedesca è Saxony-Anhalt. L’idea sviluppata dall’attrice deriva da un’assonanza di partenza e da un aggiustamento morfologico. Saxony - Sexy [N.d.T.]
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