
Regista: Clint Eastwood
Titolo originale: J. Edgar
Durata: 134'
Genere: Drammatico
Nazione: U.S.A.
Rapporto:
Anno: 2012
Uscita prevista: 2012 (cinema)
Attori: Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench, Damon Herriman
Sceneggiatura: Dustin Lance Black
Trama, Giudizi ed Opinioni per J. Edgar (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Titolo originale: J. Edgar
Durata: 134'
Genere: Drammatico
Nazione: U.S.A.
Rapporto:
Anno: 2012
Uscita prevista: 2012 (cinema)
Attori: Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench, Damon Herriman
Sceneggiatura: Dustin Lance Black
Trama, Giudizi ed Opinioni per J. Edgar (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
Fotografia: Tom Stern
Montaggio: Joel Cox,Gary Roach
Scenografia: James J. Murakami
Costumi: Deborah Hopper
Produttore: Clint Eastwood,Brian Grazer,Ron Howard,Robert Lorenz
Produzione: Imagine Entertainment, Malpaso Productions, Wintergreen Productions
Distribuzione: Warner Bros.
Montaggio: Joel Cox,Gary Roach
Scenografia: James J. Murakami
Costumi: Deborah Hopper
Produttore: Clint Eastwood,Brian Grazer,Ron Howard,Robert Lorenz
Produzione: Imagine Entertainment, Malpaso Productions, Wintergreen Productions
Distribuzione: Warner Bros.
La recensione di Dr. Film. di J. Edgar
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Colonna sonora / Soundtrack di J. Edgar
Potrebbe essere disponibile sotto, nei dati aggiuntivi (clic qui).
Voci / Doppiatori italiani:
Francesco Pezzulli: J. Edgar Hoover
Gianfranco Miranda: Clyde Tolson
Barbara De Bortoli: Helen Gandy
Marzia Ubaldi: Anna Marie Hoover
Vittorio De Angelis: Charles Lindbergh
Massimo De Ambrosis: Robert F. Kennedy
Davide Perino: Ag. Smith
Roberto Chevalier: Isp. Schell
Roberto Draghetti: Arthur Koehler
Oliviero Dinelli: Albert S. Osborn
Franco Zucca: Alexander Mitchell Palmer
Elettra Bisetti: Lela Rogers
Massimo Rinaldi: Presidente Richard Nixon
Angelo Nicotra: Col. Schwarzkopf
Pietro Biondi: Harlan Fisk Stone
Michele Gammino: Sen. Mckellar
Tiziana Avarista: Anita Colby
Roberto Gammino: Robert Irwin
Diego Reggente: John Condon
Bruno Alessandro: Avvocato Generale
Simone Mori: Ag. Stokes
Personaggi:
Leonardo DiCaprio: J. Edgar Hoover
Armie Hammer: Clyde Tolson
Naomi Watts: Helen Gandy
Judi Dench: Anna Marie Hoover
Josh Lucas: Charles Lindbergh
Jeffrey Donovan: Robert F. Kennedy
Ed Westwick: Ag. Smith
Christian Clemenson: Isp. Schell
Stephen Root: Arthur Koehler
Denis O'hare: Albert S. Osborn
Geoff Pierson: Alexander Mitchell Palmer
Lea Thompson: Lela Rogers
Christopher Shyer: Presidente Richard Nixon
Dermot Mulroney: Col. Schwarzkopf
Ken Howard: Harlan Fisk Stone
Damon Herriman: Bruno Hauptmann
Gunner Wright: Dwight D. Eisenhower
Michael O'Neill: Sen. Mckellar
Amanda Schull: Anita Colby
Josh Hamilton: Robert Irwin
Zach Grenier: John Condon
Gary Werntz: Avvocato Generale
Josh Stamberg: Ag. Stokes
Informazioni e curiosità su J. Edgar
Note dalla produzione:
LA PRODUZIONE
HOOVER VECCHIO
Non devo certo stare a dirti che quello che determina l’eredità di un uomo spesso è proprio quello che non si vede…
J. Edgar Hoover è stato un personaggio complesso ed interessante che ha affascinato l’America e la cui eredità viene percepita ancora nei corridoi dell’edificio dell’FBI a lui intitolato. E’ stato il catalizzatore della scienza forense moderna ed ha creato un sistema di leggi federali che ha trasformato gli Stati Uniti in molti modi ancora attuali. Temuto e riverito, quest’uomo ha rappresentato una dicotomia i cui aspetti pubblico e privato hanno suscitato voci e supposizioni ma la cui questione di chi fosse realmente rimane ancor oggi molto controversa.
Il regista Clint Eastwood, cresciuto durante gli anni del suo “regno”, è rimasto molto incuriosito dalla possibilità di analizzare Hoover attraverso un film. “Hoover è stato un agente di prim’ordine, un ‘G-Man’ eccellente, come li definivano a quel tempo, ma non sapevo molto di lui. Era un uomo che viveva ad alto livello –spesso in compagnia di attori e di scrittori famosi in occasioni mondane- ma in molti modi era anche un enigma.”
Pertanto, quando la sceneggiatura di “J. Edgar” è arrivata sulla mia scrivania, racconta il cineasta, “mi ero già incuriosito, soprattutto riguardo al modo in cui lo sceneggiatore, Dustin Lance Black, l’aveva approcciata. Era veramente lo studio di un personaggio. Mi è piaciuta molto la storia.”
La star del film, Leonardo DiCaprio, concorda. “Lance ha scritto una sceneggiatura eccezionale che sia Clint che io abbiamo apprezzato immediatamente. Hoover è sempre stato un personaggio mitico, un’icona della storia Americana, ma allo stesso tempo la sua vita personale e quella politica erano avvolte nel mistero. Parlare della storia della sua vita poteva sembrare riduttivo ma Lance è riuscito a raccontare i fatti in modo assolutamente coinvolgente dal punto di vista emotivo.”
“E’ una storia che parla di relazioni,” racconta Eastwood, “delle interazioni intime e profonde tra Hoover e quelli che lo circondavano da vicino: Clyde Tolson, Helen Gandy, sua madre – fino a Robert Kennedy e ad altri personaggi politici molto conosciuti, persino presidenti. Se si fosse trattato solo di una biografia, non penso che avrei voluto realizzare il film. Mi piacciono i film che raccontano i rapporti, mi piace analizzare il perché le persone fanno o hanno fatto determinate cose nella loro vita.”
Il regista, inoltre, stava aspettando di poter lavorare con DiCaprio per la prima volta. “Leo è molto intelligente e gli piacciono i ruoli anticonvenzionali nei quali può dare spazio alla sua immaginazione,” afferma. “Sapevo che questa parte sarebbe stata difficile, sia mentalmente che fisicamente, ma lui è stato molto ligio ed attento e penso che questo sia evidente nella sua performance.”
“Era uno dei personaggi più problematici che avevo mai incontrato in una sceneggiatura,” afferma DiCaprio parlando del copione di Black, che abbracciava tutta la vita professionale di Hoover, partendo dalle invasioni bolsceviche del 1919, quando il comunismo era in procinto di arrivare in terra americana. “Il comunismo era al pari di un movimento terroristico agli occhi di Hoover, contro cui l’agente ha battagliato per tutta la sua carriera, considerando i comunisti come dei nemici. Lance lo ha analizzato dal punto di vista dell’uomo da giovane e da vecchio, criticandolo in ogni modo possibile e immaginabile.”
"Dopo ‘Milk’, Hover era il personaggio che desideravo realmente analizzare" dichiara lo sceneggiatore Black "Ai miei occhi era proprio l’opposto di Milk, un uomo con un potere politico immenso, ma molto chiuso e riservato nella vita privata".
Il progetto è giunto a Black tramite l’esperto produttore Brian Grazer che aveva già lavorato
con Eastwood precedentemente e desiderava molto poterci lavorare ancora. "Volevo realizzare un film –non un documentario ma un film vero e proprio" afferma "Mi interessavano il potere e la corruzione che esistevano nel suo mondo, di cui gran parte per mano sua, nonostante fosse un patriota devoto"
Black e Grazer si sono concentrati su alcuni punti principali sui cui basare il film, tra cui il
rapimento Lindbergh e la creazione del Federal Bureau of Investigation.
"Mi domandavo in che modo quest’uomo, che aveva iniziato con le migliori intenzioni ed era riuscito a fondare l’FBI ed a catturare alcuni tra i gangster più ricercati del paese, fosse potuto diventare così paranoico e per certi versi diabolico," afferma Grazer.
Fa notare Black, “In base alle mie ricerche iniziali, avevo capito che veniva considerato in due modi, un eroe della nazione, verso il quale dobbiamo essere tutti riconoscenti in termini di protezione e di sicurezza della popolazione, ma anche un’abile canaglia che agiva in modo disonesto e rappresentava il terrore per il paese. Entrambe le posizioni apparivano estreme; penso che la verità fosse da qualche parte nel mezzo.”
Grazer concordava con tale conclusione e con l’idea dello sceneggiatore di "presentarlo da un punto di vista interno, della psiche di Hoover facendo in modo che fosse lui a raccontare la storia nel modo in cui la ricordava" afferma il produttore.
Il produttore Robert Lorenz sapeva che l’argomento era molto affascinante in quanto, come sottolinea “Quello che la maggior parte di noi sa, sono soprattutto dicerie. Avevamo l’occasione di contestualizzarlo; di cercare di capire cosa fosse stato a spingere le sue azioni, senza difendere o giudicare quello che aveva fatto; di dimostrare che si trattava di un uomo complicato, non di una persona comune.”
Dopo aver letto quasi tutto quello che era stato pubblicato su Hoover, Black ha iniziato a prendere nota direttamente dei racconti delle poche persone ancora in vita che lo avevano conosciuto. Poi ha completato le informazioni con le notizie ricevute da altre persone che non lo avevano conosciuto direttamente ma che erano vissute a Washington, D.C. durante il periodo del suo incarico, per ottenere un quadro complessivo della persona, sia nel bene che nel male.
Dimostrando l’assioma che la storia tende a ripetere sé stessa, i cineasti hanno ritenuto che la storia scritta da Black su J. Edgar Hoover fosse molto attuale, nonostante il fatto che fosse morto circa 40 anni fa.
“Uno degli aspetti affascinanti della sceneggiatura era il fatto che parlava di un ragazzo impegnato a manipolare i media ed era molto bravo a farlo,” osserva Lorenz. “A quell’età, in cui i ragazzi cercano costantemente di modellare la propria immagine e di tenere il passo con la tecnologia, ritengo sia interessante osservare il modo in cui Hoover fosse riuscito nell’intento, ed il modo in cui fosse riuscito a tenere tanti segreti nella sua vita privata e nel suo lavoro. Quel tipo di privacy sarebbe difficile, se non impossibile, al giorno d’oggi e certamente ha rappresentato uno degli aspetti più interessanti nella realizzazione di questo film.”
“J. Edgar” inizia alla metà degli anni ’70, quando Hoover si sta avvicinando alla fine della vita e del suo incarico in qualità di direttore dell’FBI. Nel tentativo di conservare tutto quello che aveva costruito, l’uomo inizia a ripercorrere i tempi in cui, giovane ventenne, aveva iniziato a lavorare con l’ufficio che a quel tempo si chiamava solo Bureau of Investigation.
“Penso fosse interessato al posto che occupava nella storia,” sintetizza Eastwood, “ma forse tendeva alle esagerazioni. Vi sono stati momenti comprovati in cui manipolava le storie per uscirne fuori in modo migliore.”
“Agli inizi della sua carriera, risolvendo il caso Lindbergh e catturando fuorilegge del calibro di John Dillinger, Hoover è stato in grado di modellare per se stesso l’immagine di G-Man agli occhi del pubblico,” aggiunge DiCaprio. “Esistevano fumetti che parlavano dei G-Man, la loro immagine era riportata sulle confezioni dei cereali ed i giovani americani guardavano a loro con rispetto. Faceva tutto parte di una campagna pubblicitaria mirata a trasformare il governo in una forza armata che doveva proteggere le famiglie e tenere al sicuro i bambini.”
Se Hoover ritenesse o meno che il paese fosse al sicuro o che all’orizzonte ci fossero cambiamenti positivi, rimane una questione ancora da risolvere.
“Penso che anche da vecchio J. Edgar Hoover fosse talmente ossessionato dal comunismo da non vedere che le cose stavano cambiando per il meglio durante il Movimento dei Diritti Civili,” prosegue l’attore. “Lo considerava un movimento che aveva il potenziale di divenire qualcosa di ancora più distruttivo. Ed è qui che ha iniziato a perdere terreno. Ed è qui che non è stato in grado di prevedere il futuro reale del nostro paese.”
HOOVER VECCHIO
Quello che è fondamentale in questo momento è ri-definire la differenza tra criminale ed eroe.
J. Edgar Hoover ha dedicato se stesso al servizio pubblico, mettendo da parte qualsiasi rapporto che avesse mai voluto avere per quello che considerava il bene maggiore. Essendo uno che si metteva a servizio della collettività per meritare l’autorità e l’adorazione del pubblico, vide l’opportunità di ottenere entrambe diventando paladino della giustizia, eroe della popolazione.
“Hoover è stato incredibilmente ambizioso da giovane,” afferma Leonardo DiCaprio, che ha interpretato il personaggio da quando questi era ventenne fino all’età di 77 anni. “Era fortemente motivato a riscuotere successo a Washington, principalmente per le aspettative che la madre aveva riposto in lui. Il padre non era riuscito a diventare un personaggio politico di spicco, ed Annie desiderava che il figlio portasse il nome della famiglia ad alti livelli di fama e successo, senza curarsi di ciò che Edgar realmente desiderava per sé. In questo modo si è trasformato nello stoico mastino anti-crimine costretto a tenere molto privata la propria vita personale. La sua vita è stata tutto un segreto.”
Conoscendo molto poco della vita intima dell’uomo, DiCaprio ha dovuto effettuare un’ampia ricerca per poter realizzare un Hoover credibile sullo schermo. “E’ stata una sfida incredibile ridare vita a questo personaggio così misterioso,” afferma. “Ho scoperto che è stato un gran manipolatore ed allo stesso tempo un uomo affascinante: riusciva ad affascinare e ad intimidire tutti allo stesso tempo. Amava i riflettori, ma era così concentrato sul suo lavoro al punto che il lavoro stesso ne definiva il modo di essere, la morale e le decisioni che prendeva ad ogni livello. Non voglio usare la parola “prete” perché J. Edgar Hoover non era un prete, ma certamente considerava l’FBI come la sua chiesa.”
“Leo è un professionista a tutto tondo, arriva sempre molto preparato,” spiega Eastwood. “Fin dall’inizio, mi sono reso conto che aveva fatto bene i compiti a casa, che aveva studiato a fondo quello che doveva fare e che era interessato a conoscere il mio punto di vista sulle varie cose. Sono rimasto molto colpito dalla sua concentrazione e penso che abbia trasferito tutto questo nel suo personaggio.”
L’attore era molto emozionato a lavorare con questo regista leggendario. “Il modo di lavorare di Clint è impeccabile in quanto crede veramente nei suoi istinti, nelle sue sensazioni. Vi è una bellissima semplicità nel modo in cui lavora; ha la sua visione delle cose e questo ha reso più facile il mio lavoro. E’ proprio come uno degli assistenti dei pugili nell’angolo. Infatti sembrava proprio di salire sul ring e di avere il proprio allenatore a disposizione, che ti dava una mano. E penso che quella fiducia e quel sostegno siano evidenti sullo schermo.”
La fiducia era fondamentale per J. Edgar Hoover, anche se l’aveva riposta solo in un paio di persone nel corso della sua vita, le persone che riteneva realmente fedeli. Per poter trasmettere un’immagine completa dell’uomo, è stato essenziale per i cineasti riprodurre le relazioni importanti che hanno contribuito a riflettere ed a rivelare chi realmente fosse, ad iniziare da quella con il suo amico e collega, Clyde Tolson.Secondo il punto di vista di Grazer, “Il rapporto tra questi due uomini era di compagnia ed allegria, ma anche di solitudine ed isolamento. Erano entrambi il frutto del loro tempo.”
Racconta DiCaprio, “Pranzavano e cenavano insieme tutti i giorni, andavano in vacanza insieme. Se poi stessero insieme anche in altri modi… beh, nessuno sa la verità. Nel film, sembra quasi un amore non corrisposto, ma in ogni caso un amore che dura a lungo.”
Scelto per il ruolo fondamentale di Clyde Tolson, Armie Hammer afferma che, qualunque fosse il loro rapporto personale, “Clyde era sempre diligentemente dalla parte del direttore, era letteralmente il suo braccio destro. Questo è il modo in cui i due agivano.”
“Armie è stato fantastico nella parte di Tolson,” spiega Grazer. “Era perfetto e preciso per la parte ed ha apportato al ruolo un’energia sottile e allo stesso tempo tangibile; ha stabilito un rapporto molto naturale con Leo.”
Dato che non esistevano molte informazioni riguardo a Tolson come per Hoover, Hammer ha dovuto scavare in profondità per apprendere notizie sul suo personaggio. “Ho ingaggiato una studiosa la quale mi ha aiutato a scoprire tutto quello che si poteva sapere su Tolson, perfino il suo annuario scolastico del liceo,” afferma. Era soprannominato ‘computer umano’ in quanto aveva una forte memoria fotografica. Quindi, a parte qualsiasi altra attrazione che potesse essere esistita, è facile capire perchè Hoover si affidasse così tanto a lui.”
Un’altra alleata che Hoover sapeva non l’avrebbe mai tradito era la sua segretaria, Helen Gandy.
“Helen in un certo senso gestiva l’agenzia,” spiega Eastwood. “Se chiedete a qualcuno di quel tempo, ogni qual volta ci fosse bisogno di avere qualche informazione, si chiedeva a lei. Era a conoscenza di molte più informazioni rispetto a chiunque altro.”
“L’impegno di Helen nei confronti di Edgar non è mai venuto meno,” afferma Naomi Watts, che interpreta la segretaria nel film. “Penso che all’inizio fosse stata molto colpita dall’uomo e lo ritenesse intelligente e carismatico, ma era molto concentrata sulla sua carriera. Ha lavorato a stretto contatto con lui per molte ore ogni giorno, vivendo i cambiamenti incredibili che avvenivano nel mondo ed è rimasta calma ed equilibrata fino alla fine.”
Per l’attrice australiana, interpretare il ruolo di un’americana fortemente patriottica in un film
su uno dei personaggi più controversi del paese è stato molto interessante. “Quando ho preso la parte, non sapevo nulla del mio personaggio, e molto poco di Hoover. Non aver fatto parte della storia Americana e non aver vissuto quegli avvenimenti ha fatto sì che questa esperienza si trasformasse per me in un vero viaggio di studio e di conoscenza.”
“Naomi ha fatto un lavoro fantastico,” dichiara Lorenz. “Il ruolo era minore ma sempre molto importante nel film, e l’attrice è stata in grado di dare il massimo in ogni scena, elevando il personaggio proprio nel modo in cui Helen Gandy è stata nella vita di Hoover.”
Una donna che non voleva rimanere dietro le quinte della vita del figlio era Annie Hoover.
Forza dominatrice, la donna esercitava una forte influenza sull’uomo e rappresentava il suo termine di paragone morale. Hoover viveva con lei ed a lei si rivolgeva per avere consiglio in qualsiasi momento della sua vita, fino alla morte della donna, avvenuta quando Edgar aveva 43 anni.
La famosa Judi Dench ha dato vita a questa donna in un modo che “ti permette di amarla e di temerla allo stesso tempo, senza che la donna alzi mai la voce,” afferma Grazer.
“Era proprio il tipo di madre che nessuno vorrebbe,” commenta la Dench. “Era molto determinata sulle cose, ed incredibilmente possessiva nei confronti di Edgar, nonostante avesse altri tre figli. Penso che volesse non solo il meglio per lui, ma che fosse come se i suoi successi potessero riflettersi su di lei. Mi ricorda un po’ Lady MacBeth. Penso che volesse essere associata all’uomo più grande del paese. Edgar non ce la poteva fare, in realtà.”
Nonostante le loro lunghe carriere, questa è la prima opportunità che Eastwood e la Dench hanno di lavorare insieme. L’attrice era molto elettrizzata quando ha ricevuto la chiamata. “E’ una leggenda,” sorride, “così, quando mi ha telefonato, ho urlato dalla gioia. Ho pensato, ‘sono 75 anni che aspetto questo momento.’”
La stessa sensazione che ha provato anche il regista “Judi è una donna fantastica, sono sempre stato un suo ammiratore,” afferma Eastwood. “Era l’unica che potesse andare bene per questa parte, quindi sono stato molto felice che l’abbia accettata.”
Come si vede nel film, uno dei casi principali nella carriera di Hoover —ed il caso che la madre gli chiese insistentemente di risolvere— è stato quello conosciuto come il delitto del secolo: il rapimento Lindbergh. Questo caso è stato particolarmente importante per il Bureau in quanto ne ha messo in luce il valore, con la creazione e l’applicazione delle leggi federali.
Inoltre è servito a creare il contesto per la raccolta e l’analisi delle prove legali sulla scena del crimine ed infine è stato determinante per dimostrare la capacità di Hoover di persuadere il Congresso della necessità che tutte le informazioni venissero centralizzate.
Come Hoover spiega ad un giovane agente in una scena del film, a quei tempi Charles Lindbergh era “uno degli uomini più famosi del mondo.” Racconta DiCaprio, “Hoover —per quanto abbia potuto— ha usato certamente il rapimento per far salire alla fama nazionale sia l’FBI sia se stesso.”
Nel ruolo del famoso aviatore troviamo Josh Lucas, che, casualmente, ha un antico legame con gli inizi dell’aviazione. “Sono saltato dalla gioia all’idea di interpretare Lindbergh,” asserisce Lucas, “in quanto mia nonna era una WASP—Women Airforce Service Pilots (Pilota Donna dell’Aviazione) — durante la Seconda Guerra Mondiale, ed è stata una delle prime donne pilota su aerei commerciali del paese.”
Lucas ha iniziato a volare con lei da bambino, sviluppando così la sua passione per l’aviazione. “Ho letto una biografia di Lindbergh circa 10 anni fa, e mi sono sentito subito vicino a quel periodo ed al personaggio grazie ai trascorsi della mia famiglia ed al mio interesse verso il volo, cosa che sto imparando a fare nel corso degli anni, lentamente ma con continuità.”
Nei ruoli coinvolti nel caso Lindbergh troviamo Dermot Mulroney nella parte del Colonello Schwarzkopf della Polizia di Stato del New Jersey; Stephen Root nella parte dell’esperto di legname Arthur Koehler; Denis O’Hare nella parte del grafologo Albert Osborne; Zach Grenier nella parte di John Condon, l’uomo che aveva stabilito il contatto con il rapitore; e Damon Herriman nella parte di Bruno Hauptmann, l’uomo condannato del delitto.
E in tutto il film, in alcuni momenti importanti della carriera di Hoover, troviamo Ken Howard nel ruolo dell’avvocato Harlan Fiske Stone; Jeffrey Donovan nella parte di Robert Kennedy; Jessica Hecht nel ruolo dell’attivista comunista Emma Goldman; Lea Thompson nel ruolo della madre di Ginger Rogers, Lela; e Geoff Pierson nel ruolo del primo capo di Hoover al Bureau, Mitchell Palmer.
HOOVER GIOVANE
Immagina se i cittadini del paese potessero essere identificati tramite il numero del loro documento di identità o l’impronta delle dita.
Immagina quanto sarebbe veloce trovarli nel caso in cui avessero compiuto un delitto.
J. Edgar Hoover ha vissuto tutta la vita a Washington, D.C. Ma quando i cineasti hanno iniziato a valutare le location per la produzione, “ci siamo resi conto che potevamo girare quasi tutto in California,” afferma Lorenz. “Vi era solo un elemento per il quale sapevamo che saremmo dovuti ritornare a Washington, ed era la Library of Congress (Biblioteca del Congresso). La conoscevo abbastanza bene, ma non proprio in prima persona. Quindi, quando ho visto che faceva parte della sceneggiatura, mi sono documentato ed ho capito perché Lance Black aveva scelto quella location per la scena in cui Hoover cerca di far colpo su Helen Gandy. Si tratta di un opera architettonica grandiosa.”
“E’ un luogo molto imponente, dove viene voglia di scattare fotografie,” aggiunge Eastwood. “Nel momento in cui vi siamo entrati e ci siamo guardati intorno, già sapevamo che dovevamo fare di tutto per ottenere quel posto o almeno le parti che ci avrebbero messo a disposizione.”
Nonostante il fatto che l’edificio fosse aperto al pubblico, lo scenografo James J. Murakami è rimasto colpito piacevolmente dal fatto che la produzione potesse avervi accesso tranquillamente. “E’ un edificio bellissimo e grandioso. E’ stato tutto molto sorprendente, il significato storico, e soprattutto il perché ci trovavamo lì. I documenti archiviati contenevano realmente le annotazioni scritte a mano da Hoover.”
Altre porte che si sono aperte ai cineasti sono state quelle del Federal Bureau of Investigation, e del Dipartimento di Giustizia dove aveva sede l’FBI durante il mandato di Hoover. Ricorda Lorenz, “L’FBI ed il Dipartimento di Giustizia sono stati molto collaborativi e ci hanno aiutato a vedere tutto quello che Hoover aveva visto all’epoca. Probabilmente avremmo potuto ottenere anche il permesso di girare negli uffici di Hoover se non ci fosse stato il problema che avevamo troppe scene da girare lì dentro. Sarebbe stato un disturbo troppo grande per loro utilizzare quegli spazi per un periodo così lungo come quello che serviva a noi. Comunque abbiamo girato dal suo balcone per riprendere proprio la visuale che ci serviva.”
Per poter riprodurre per il pubblico la prospettiva che si vedeva dall’ufficio di Hoover su Pennsylvania Avenue, il supervisore degli effetti visivi Michael Owens, insieme alla sua squadra, ha creato delle versioni d’epoca della strada in momenti diversi, compresi i cortei presidenziali di auto per due presidenti, Franklin D. Roosevelt e Richard Nixon.
“Il look d’epoca lo abbiamo creato in base alle ricerche effettuate,” spiega Owens. “Abbiamo fotografato le vere location e poi le abbiamo modificate. Modellare, creare e costruire questi ambienti con il computer ci ha permesso di inventare il look con molta più facilità rispetto alla creazione di un set completo.”
Per riprodurre i luoghi in cui Hoover trascorreva la maggior parte del suo tempo, Murakami e la sua squadra hanno costruito dei set veri e propri, come per esempio l’ampio ingresso ed i vari uffici del Dipartimento di Giustizia, nel cavernoso Studio 16 dei Warner Bros. Studios.
“Solo il corridoio era largo quattro metri, con soffitti alti quasi sei metri, e doveva essere lungo circa trentasei metri per poter contenere l’azione.”
Ma non è stata questa la sfida maggiore dello scenografo. “Il pavimento del terrazzo del Dipartimento di Giustizia non poteva essere ricreato usando i materiali reali che sono molto costosi, quindi alla fine abbiamo deciso di utilizzare un nuovo metodo digitale. Abbiamo fotografato il pavimento reale e poi lo abbiamo stampato sui pannelli in fibra a media densità (MDF) .”
Murakami ha svolto molte ricerche per ricreare gli uffici negli studios, che sono stati adattati
alle varie epoche del film, cioè all’arco di tempo tra il 1919 e gli inizi degli anni ‘70. Il settore
scenografia è riuscito nell’intento grazie al fatto di aver posto l’attenzione ai dettagli che naturalmente si dovevano evolvere con il passare degli anni, come per esempio l’illuminazione che è passata dalle lampade incandescenti a quelle fluorescenti.
“Ci siamo anche presi delle libertà, ma abbiamo cercato di rimanere il più possibile fedeli al periodo,” afferma. Diversi set costruiti dal suo team sono serviti anche per altre scene magari usando una mano diversa di vernice, oppure arredi diversi, spostando le pareti e così via. Per esempio, il set dell’ufficio di Robert Kennedy è diventato un piccolo ufficio del Bureau e poi il laboratorio scientifico.
La casa di Hoover, nella quale l’uomo ha vissuto tutta la sua vita, ha rappresentato un set fondamentale per la produzione, in quanto molte delle scene essenziali del film si svolgono proprio in questa casa. Riguardo all’arredo delle varie stanze, Murakami racconta, “Collezionava di tutto, la sua casa era piena di ammennicoli, tra cui statue e separé cinesi e molti altri oggetti che appartenevano da sempre alla sua famiglia.”
Per le scene nelle quali Hoover e Tolson partecipano alle corse dei cavalli — sia da giovani sia da vecchi — il team creativo ha rivisto il video della pista Pimlico di Baltimora, Maryland, e Del Mar nella California del sud, e poi ha riprodotto una sezione delle file dei sedili, adattando il look delle varie location in base alle necessità. Il Direttore della fotografia Tom Stern ha usato riprese in primo piano e a media distanza degli attori mentre guardavano le corse, ponendo uno schermo verde dietro di loro che permetteva lo sfondo in CGI affinchè si ricreasse l’ambiente adatto integrandolo con le immagini delle varie corse.
Inoltre, varie location di Los Angeles sono entrate a far parte della storia. Il Cicada Restaurant, situato in centro vicino a Pershing Square, utilizzato per il famoso Stork Club di New York. La scena richiedeva una band, quindi il regista è ricorso al figlio Kyle Eastwood e a diversi suoi amici musicisti per interpretare quella che sarebbe stata l’unica musica dal vivo del film.
In un’altra parte della città, il settore maschile di Garfinkel è stato ricreato in una parte di un salone dello storico Park Plaza Hotel. Questo albergo è stato anche la sede del Senato americano. Il Pico Building in Olvera Street è stato trasformato nella Stazione Ferroviaria di Kansas City.
Per le scene che riguardavano il processo a Bruno Hauptmann, la produzione si è spostata a pochi minuti a sud di L.A. Il vecchio tribunale di Orange County a Santa Ana, costruito agli inizi del 1900 ed oggi trasformato in museo, corrispondeva quasi perfettamente all’aula di tribunale del New Jersey dove è avvenuto il processo. Tuttavia, gli esterni di quella scena sono stati girati davanti al pittoresco tribunale di Warrenton, città a circa sessanta chilometri fuori da Washington D.C.
La proprietà Plains, nella periferia della capitale, ha riprodotto perfettamente l’ambiente della tenuta dei Lindbergh, e l’architettura di alcuni quartieri di Arlington, Virginia, ha offerto il giusto look per gli esterni del film.
“Ogni singola scena rappresentava una esperienza nuova, che richiedeva un set nuovo ed un periodo storico diverso,” racconta Lorenz. “Ma se c’era qualcuno che poteva riuscirci, quel qualcuno era Jim. Insieme al suo team, ed alla squadra di Michael Owens, Jim ha capito veramente come mettere al posto giusto le varie tessere del puzzle.”
INT. UFFICIO di HOOVER ALL’ESTERNO: dall’altra parte della stanza, dietro ad una scrivania di mogano, un uomo vecchio e corpulento, con un naso schiacciato ed indosso un abito elegante. E’ Hoover, circa 40 anni dopo, ora J. EDGAR HOOVER.
“J. Edgar” si svolge nel corso di più di sei decenni, dagli inizi del 1900 al 1972, e questo ha fatto sì che la costumista, Deborah Hopper, dovesse creare dei costumi che riproponessero l’evoluzione dei tempi. Leonardo DiCaprio da solo aveva circa 80 cambi di costume, il che ha rappresentato una bella sfida per la Hopper ed il suo team.
“Hoover era un tipo impeccabile” osserva la Hopper. “Anche se agli inizi della sua carriera non aveva molti vestiti, aveva sempre un look professionale e voleva che anche i suoi agenti vestissero nello stesso modo. Voleva che l’FBI corrispondesse a determinati canoni di immagine.”
Produrre i costumi per un cast così ampio e per un arco di tempo così lungo ha richiesto parecchia programmazione . “Alcune parti della storia avvengono in ogni decennio del 20° secolo e l’azione va avanti e indietro nel tempo senza ordine cronologico,” spiega la Hopper.
“Quindi, oltre a dover vestire gli attori in modo adeguato per il periodo storico, ritenevo importante fornire al pubblico una sorta di guida per far capire in quale momento della vita di Hoover ci si trovasse.”
La Hopper ha elaborato uno schema di colori per comunicare questi piccoli indizi visivi.
“Pensavo che sarebbe stato più facile avere una gamma diversa di colori per Hoover nei vari periodi, ad iniziare con i tessuti marroni per gli anni ’20; gradazioni di grigio e navy blue a righe per gli anni `30; e poi tessuti di colore navy, grigio e marrone scuro per gli anni `60. In questo modo i vestiti aiutano a raccontare la storia.”
Man mano che Hoover avanzava nella sua carriera, il suo stile cambiava, soprattutto dopo aver incontrato il più agghindato Clyde Tolson. “Quando era più giovane ed indossava i toni del marrone, gli abbiamo fatto indossare abiti a un petto,” ricorda. “Poi, negli anni `30, Tolson ha portato Hoover dal suo sarto al Garfinkel. Per la prima volta, J. Edgar ha avuto un abito a doppio petto, fatto su misura per lui e sullo stile suggerito da Tolson.”
Ovviamente, la Hopper ha dovuto disegnare uno stile anche per Tolson, che aveva “un po’ più di stile. Abbiamo usato più righe ed abbiamo sempre aggiunto accessori quali gemelli per camicia, fermacravatta, fazzoletti da giacca, orologi da taschino... Hoover e Tolson erano ossessionati dalla loro immagine e si vestivano sempre molto bene.”
Oltre a vestire i due gentiluomini, la Hopper ha dovuto creare anche il look per i personaggi di Naomi Watts, Helen Gandy, che ha attraversato lo stesso arco di tempo e quindi la costumista ha dato degli indizi di colore anche per lei. “Negli anni `20, quando incontra Hoover per la prima volta, le abbiamo dato un look molto femminile, usando del pizzo,” afferma. “Con il passare degli anni, è diventata più sullo stile della donna manager, e quando siamo arrivati agli anni ’60 si vestiva solo con i tailleur.”
“Deborah è stata splendida,” afferma Eastwood, “ma d’altronde è sempre splendida. Fa sempre un ottimo lavoro. Ma penso che si sia divertita in quanto ha dovuto coprire molti periodi della storia americana che sono stati anche pieni di glamour.”
Durante le sue ricerche, la Hopper all’inizio ha cercato gli abiti dell’epoca nei vari negozi di abbigliamento d’epoca di Los Angeles, per usarli come guida. E dato che non esiste tantissimo tessuto vintage in circolazione, la Hopper e la sua squadra hanno dovuto usare materiali moderni, trasformandoli per ricordare quelli originali. “Non volevamo che apparissero come abiti usati. Li abbiamo solo ammorbiditi un po’ così che apparissero come se il personaggio li avesse indossati già da tempo.”
Allo stesso modo in cui i vestiti dovevano invecchiare, anche per i personaggi vi era questa necessità e la Hopper ed i truccatori hanno avuto il compito di trasformare alcuni membri del cast affinché rispecchiassero il tempo che passava.
“Abbiamo aggiunto delle imbottiture su Armie e Naomi man mano che i loro personaggi invecchiavano,” spiega la Hopper. “Per Leo, abbiamo modellato del lattice sul suo corpo, così che apparisse un tutt’uno. Ne abbiamo messo di meno per gli anni `30, e di più per gli anni `60, aggiungendolo anche alle braccia. Ovviamente, abbiamo dovuto anche adattare i costumi alla nuova forma del corpo. L’immagine era importante per Hoover, e c’è voluto molto lavoro per creare ‘J. Edgar’ in ogni età della sua vita.”
“Portare qualcuno da vent’anni a settanta è una sfida molto interessante,” osserva la truccatrice Sian Grigg, che ha supervisionato il processo di invecchiamento su Leonardo DiCaprio. “Leo non sarebbe mai apparso esattamente come Hoover perchè ha un volto totalmente diverso, ma ha un viso su cui si lavora molto bene ed io ritenevo possibile farlo assomigliare molto a Edgar. Abbiamo usato lenti a contatto per rendere i suoi occhi castani.
La sua parrucchiera, Kathy Blondell, gli ha tinto di castano i capelli aggiungendo dei riflessi grigi e sfoltendoli al centro per dargli un aspetto squadrato. Per il look di quando era più giovane, ho usato degli apparecchi ortodontici che gli modificassero la forma del volto, una protesi al collo per dargli l’aspetto del doppio mento ed ho inserito uno strumento per aumentare le dimensioni del naso e deformarlo, il tutto per farlo apparire il più possibile simile ad Hoover.
Ma prendere un attore giovane come Leo e farlo apparire come se avesse settant’anni necessita di una protesi facciale totale, di una cuffia per sembrare pelato con qualche capello qui e lì –tutte cose che potevano essere usate solo una volta- di un toupee, ed anche di una protesi alle mani.”
La Grigg, che lavora con l’attore da 15 anni, racconta che per questo film, DiCaprio ha sofferto molto durante il processo di fabbricazione del calco facciale di gesso. “Non è per niente un’esperienza piacevole, ma per poter scolpire un oggetto di questo genere e farlo aderire perfettamente, devi avere un calco del volto del soggetto proprio in quel momento. Duncan Jarman ha eseguito uno splendido lavoro di scultura, che ha reso possibile a noi di fare tutto il resto.”
L’effetto generale è stato migliore di quando potessero sperare all’inizio la Grigg ed il suo team. Robert Lorenz ricorda una volta in cui stava camminando insieme ad Eastwood sul set, vicino a DiCaprio, che stava al trucco e gli stavano applicando le protesi da vecchio, ma con ancora indosso i suoi abiti di sempre. “Era il primo giorno in cui lo riprendevamo da vecchio e Clint non lo aveva ancora visto,” aggiunge il produttore. “Gli siamo passati accanto e lui non si è nemmeno reso conto che si trattasse di Leo.”
Eastwood ha apprezzato molto il lavoro svolto dalla Grigg e dalla sua squadra. “Il trucco di Leo era fantastico. Penso che abbiano fatto un ottimo lavoro nel creargli il volto. Sembrava proprio di avere di fronte J. Edgar Hoover.”
Leonardo DiCaprio racconta, “Penso che ciò che mi ha dato il senso vero e proprio dell’uomo che stavo interpretando sia stato il fatto che la nostra è una storia sulla persona che era dentro. Su Hoover sono state dette molte cose, ma ritengo che il suo rapporto con Clyde Tolson, Helen Gandy e con sua madre avessero forgiato realmente l’uomo facendolo diventare come poi è stato in tutta la sua vita e la sua carriera. Questo è quello che mi ha spinto ad andare a lavorare ogni giorno e spero che sia anche quello che interesserà le persone che guarderanno il film.”
“Hoover era complesso ed impavido, e tali qualità, insieme agli innumerevoli segreti che nascondeva, lo hanno messo in una posizione di potere per quasi mezzo secolo,” riflette Brian Grazer. “Ma d’altro canto, più uno cerca di rimanere attaccato al potere, più questo sfugge via e penso che la lezione da imparare dalla vita di Hoover sia senza tempo e che la sua storia sia emozionante e di impatto oggi tanto quanto lo era all’epoca.”
Il regista Clint Eastwood aggiunge: “Ciò che ha reso tanto interessante questa storia e che, spero, spinga il pubblico a vedere il film, è che si arriva a conoscere Hoover fino al punto di arrivare a comprenderlo, il suo amore per la madre, la sua necessità di proteggere il Paese, il suo rapporto con Tolson… tutto quello che riempie una vita. Era molto più di un semplice Direttore dell’FBI, era un uomo complesso. Spero di poter avvicinare il pubblico al suo mondo così che, per un paio di ore, tutti possano vedere la storia attraverso i suoi occhi.”
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