Faccio un salto all'Avana di Dario Baldi

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locandina Faccio un salto all'Avana
 
Regista: Dario Baldi
Titolo originale: Faccio un salto all'Avana
Durata: 96'
Genere: Commedia
Nazione: Italia
Rapporto:

Anno: 2011
Uscita prevista: 22 Aprile 2011 (cinema)

Attori: Enrico Brignano, Francesco Pannofino, Aurora Cossio, Grazia Schiavo, Paola Minaccioni, Isabelle Adriani, Virginia Raffaele
Soggetto: Fabrizio Di Modugno, Matteo Raffaelli,Fabio Genovesi,Massimiliano Orfei, Lorenzo De Marinis
Sceneggiatura: Massimiliano Orfei, Lorenzo De Marinis

Trama, Giudizi ed Opinioni per Faccio un salto all'Avana (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
 
Fotografia: Vittorio Omodei Zorini
Montaggio: Alessio Doglione
Scenografia: Davide Bassan,Veronica Rosafio

Produttore: Marco Poccioni,Marco Valsania
Produzione: Rodeo Drive
Distribuzione: Medusa

La recensione di Dr. Film. di Faccio un salto all'Avana
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Colonna sonora / Soundtrack di Faccio un salto all'Avana
Potrebbe essere disponibile sotto, nei dati aggiuntivi (clic qui).

Informazioni e curiosità su Faccio un salto all'Avana

Note dalla produzione:
Note di regia
Faccio un salto all’Avana ha una grande qualità, nell’idea e sullo schermo: la semplicità. La semplicità di un film per tutti, dove ognuno trova il suo angolo di interesse.
La semplicità di un racconto vero,dove con gli occhi di Fedele abbandoniamo una vita di paradossali costrizioni e status sociale per immergerci in un mondo di colori, di ritmo, di genuina malizia di cui è permeata l’Avana, e tutta Cuba.
L’aspetto che più mi interessa del film si manifesta nella possibilità di raccontare la conversioni dei tre personaggi, Fedele, Vittorio e Almadedios con estrema leggerezza, sottoforma di commedia adatta a tutti.

In me, nei produttori, nel cast c’è sempre stata la volontà di evitare accuratamente cliches da cinepanettone (o meglio cinecocomero), di perseguire un racconto vero, di non mostrare una serie di gag, correndo il rischio di dover interessare il pubblico, oltre che di intrattenerlo.
La messa in scena del film è sempre stata tesa a liberare i miei tre diversissimi protagonisti, a farli muovere nello spazio senza costrizioni di luce o di mezzi pesanti, ma seguiti sempre con stile quasi documentaristico a volte, con la macchina da presa che si muove con gli attori, con piani sequenza inusuali per questo genere di film, proprio per rendere un viaggio vero, per stare accanto ai personaggi, e non mostrare una serie di quadretti più consoni alla comica, più che alla commedia.

Uno degli aspetti più incredibili che Cuba ci ha regalato è stata la possibilità di girare in mezzo alla gente vera, di poter liberare i due attori in un inseguimento divertente e sfrenato nel bel mezzo di migliaia di persone in un vero mercato cubano, tanto per fare un esempio.
Enrico e Francesco, o meglio Fedele e Vittorio sono una coppia di fratelli improbabile e cosi assolutamente naturale nel loro relazionarsi, ci regalano risate e riflessioni, affanni e fisicità autentiche, a tratti mi ricordano le coppie di film anni 60, con un sottile modo di far ridere che si esprime a volte anche in esternazioni vigorose. Uno strano mix.

Almadedios poi ci stupisce con la sua semplicità, carica di sensualità mai ostentata, ma sempre vissuta, proprio come la maggioranza delle donne di quel paese, capaci di portarti via con un solo sguardo.
Poi ci sono gli altri personaggi, Barbara la segretaria, svampita ed improbabile, le mogli Laura e Annaclara, il duo Gianni -Walter, il commendator Siniscalco e l’avvocato misterioso, il resto dei personaggi cubani, tutti quanti con i quali ci siamo impegnati a non stereotipare, a non trattare le loro apparizioni solo come un contorno della vicenda principale, ma a dare ad ognuno di loro delle caratteristiche ben precise, nel bene e nel male.

Grande attenzione è stata data anche alle musiche e alla fotografia, anche qui abbiamo voluto osare un po’, creando una colonna sonora che non tradisce la commedia e i ritmi cubani ma che ha un suo carattere preciso, un’emozione scelta, cosi come la fotografia e l’uso dei colori nel film, tesi a rendere Cuba incantevole come è, colorata, calda e brillante, ma mai sottoforma di poster da agenzia di viaggio.

Un'ultima considerazione riguarda la recitazione, e un plauso al coraggio degli attori e alla troupe nel lavorare su un testo e adattarlo continuamente, a volte improvvisando totalmente, alla realtà che vivevamo ogni giorno sul set. Un set difficile, caldo, multilingue, a volte apocalittico nei suoi temporali, ma stimolante grazie al lavoro di tutti, sempre pronti a cambiare ogni cosa, dagli attori protagonisti al runner, ecco perché molti dei momenti più divertenti o interessanti del film sono nati in quel preciso istante, due minuti prima di dare l’azione, e portano con se un’inaspettata genuinità.



Intervista a Dario Baldi
“Come è stato coinvolto in questo film?”
“Mi hanno cercato i produttori della Rodeo Drive con cui avevo instaurato un buon rapporto dirigendo la seconda unità della serie Rai “Crimini”. Mi hanno raccontato le loro aspettative per una commedia popolare che non fosse il solito film vacanziero natalizio o estivo ma che fosse in grado di esaltare un luogo speciale come Cuba attraverso una vicenda che ho trovato molto efficace e con uno schema di storia classico e funzionale: spesso nel nostro cinema ci si preoccupa di allestire i cosiddetti “pacchetti” preconfezionati con attori e registi selezionati sulla base del loro potere contrattuale ma in questo caso mi ha fatto molto piacere che Marco Poccioni e Francesca Di Donna mi abbiano affidato insieme ai dirigenti della Medusa la regia di questo nuovo progetto sapendo benissimo che provenivo da altri contesti e che avevo una storia professionale diversa.
Evidentemente hanno pensato che potessi offrire certe garanzie di affidabilità tecnica e personale e mi hanno considerato per quello che sono, una persona che cerca di fare al meglio un lavoro che adora, pieno di idee e di ipotesi di film da fare (pensati in proprio o per altri) ma senza l’ambizione di riferimenti “alti” ad ogni costo”.

“Quale è stata per lei la sfida principale?”
“Premesso che sono molto legato al Sudamerica –qualche anno fa avevo diretto “Pablo”, un film dedicato a Pablo Neruda presentato con successo in vari festival internazionali- ho accettato questa scommessa perchè offriva la stimolante occasione, con tutta la discrezione e le proporzioni del caso, di fare riferimento diretto alla grande commedia italiana degli anni’60, ricca di attori e di battute ma anche di riflessioni. La nostra è una storia semplice, gradevole, con le sue proporzioni precise, realizzata da ognuno di noi per dar vita a qualcosa che fosse alla portata di tutti e il nostro sforzo costante è stato quello di non cadere nel banale e nello scontato, nel non accontentarsi delle gag fini a se stesse infilate una dietro l’altra. Ci sono situazioni divertenti ma si manifestano attraverso un racconto senza volgarità che oltre a far ridere a volte suscita anche emozioni, è particolare, ha i suoi snodi e a volte anche dei toni quasi gialli, (ad esempio con l’inseguimento di un fratello con un altro e gli scambi di persone, di posizione e di informazioni), e con tutto il rispetto per le commedie balneari degli ultimi tempi, rivela una cura differente che spero aiuti a coinvolgere sia un pubblico familiare sia quegli spettatori che non vanno abitualmente a vedere i cosiddetti “cinepanettoni”. Per fortuna in questo ultimo anno si sta privilegiando un tipo di commedia diversa che ha dimostrato di incontrare il gusto degli spettatori e dei critici, soltanto un anno e mezzo fa se in una battuta fosse venuta fuori la parola “donna” anzichè “gnocca” sarei stato guardato con un certo sospetto..”. Mi piacerebbe molto che “Faccio un salto a L’Avana” fosse colto e “letto” a più livelli e che viva di un “passaparola” positivo, come è avvenuto ad esempio per il recente “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo”.

“Che rapporto si è creato con gli attori?”
“Sapevo che ci sarebbero stati nel film Enrico Brignano e Aurora Cossio e a un certo punto sono stato io a suggerire Pannofino: mi sembrava straordinaria l’ipotersi che recitasse accanto ad Enrico, ero certo che i due insieme sarebbero stati in grado di fare scintille e ho visto confermate strada facendo le mie intuizioni perché sul set hanno giocato alla pari, nessuno è stato “spalla” dell’altro.
Conoscevo già Brignano, che avevo già diretto (insieme a Roberto Herlitzka e Dario Vergassola) in un breve ruolo ne “Gli anni verdi”, un film indipendente realizzato da attori della scuola Artes. Qui è sempre fedele alla sua linea, in questo caso l’ho truccato con gli occhiali e la gelatina, è un personaggio quasi “alleniano”: per lui è sempre importante la capacità di inventare continuamente parole e situazioni, si trova molto bene negli sproloqui, a volte non capisci quello che dice ma nel far ridere è imbattibile, in scena “passa la palla” sempre ben ricambiato a Pannofino di cui mi piace molto il controllo della recitazione e del corpo. Entrambi hanno la grande dote di sapersi adattare alle situazioni nel giro di due minuti cancellando intere pagine di copione, scrivendo le battute su un pezzo di carta al volo e girando subito. Provengono da due background molto diversi, ma è un piacere lavorarci perchè sono due attori “navigatissimi”, particolarmente abili nel recitare con i tempi della commedia, ho cercato di sintonizzarmi con loro non tanto “inchiodandoli” in un set con movimenti di macchina rigidi ma lasciandoli liberi, mettendoli in condizione di agire al meglio, senza però dimenticare l’estetica”.

“Come entra in scena Aurora Cossio?”
“La sua Almadedios è la complice di Vittorio con cui allestisce truffe e raggiri ai danni dei turisti: sarà lei a fare in modo che i due fratelli si ritrovino dopo essersi imbattuta casualmente in Fedele appena arrivato sull’isola e prima di farlo innamorare perdutamente. Aurora è colombiana, è perfetta per il ruolo di fascinosa ragazza latina, ma recita senza trucco e senza ammiccamenti, la sua sensualità non è mai smaccata ma controllata ed elegante: anche nei momenti sentimentali è stato sempre contenuto tutto, tenendo fede con fermezza e decisione ad una linea molto chiara senza concessioni plateali fini a se stesse ma anche senza niente di edulcorato”.

“E gli altri personaggi?”
“Nel cast ci sono due eccellenti attrici comiche come Paola Minaccioni e Virginia Raffaele, conosciute soprattutto grazie al teatro, alla tv ed a celebri programmi radiofonici come “Sei Uno Zero” di Lillo & Greg e “Radio2 Social Club” di Luca Barbarossa. Paola è la moglie di Fedele che non riesce a rimanere incinta e Virginia è invece l’altra moglie, depressa, “impasticcata” e sotto psicofarmaci. Ma voglio ricordare tra gli altri anche Grazia Schiavo, la segretaria da sempre
innamorata di Vittorio che a un certo punto parte a sua volta verso Cuba e verso un finale a sorpresa, e Isabelle Adriani, una sorta di misterioso avvocato-serial killer alle costole di Vittorio su mandato dal suocero che vorrebbe farlo sparire per sempre”.

“Che tipo di lavoro è stato fatto con gli ambienti?”
“La sceneggiatura è stata adattata attraverso modifiche suggerite direttamente dai luoghi. Le riprese si sono svolte a luglio, in una stagione piuttosto difficile, c’erano sia pioggia che caldo, abbiamo dovuto adeguarci al clima ma sia io che la troupe italiana ci siamo amalgamati bene con le maestranze e la realtà locale in genere. C’è stato un lavoro particolare, si vede in scena una L’Avana popolare e non quella da cartolina, ci siamo immersi tra la gente vera (ad esempio in una sequenza che prevedeva un inseguimento in un mercato con centinaia di persone), ci siamo impegnati nella cura del prodotto e abbiamo osato un po’ di più anche nella fotografia grazie al direttore delle luci Vittorio Omodei Zorini. Credo di avere manifestato la mia sensibilità verso questa storia anche tramite il casting effettuato a L’Avana: ho scelto ogni singola comparsa assicurandomi che fosse giusta, tutti i personaggi secondari hanno facce particolari che non sono mai buttate lì a caso, e a volte sono stati arricchiti strada facendo perché ci siamo accorti c‘era dell’oro da un punto di vista recitativo, un livello medio altissimo. Cuba ha fatto la differenza, la stessa storia se ambientata altrove avrebbe avuto una dimensione diversa, mi interessava valorizzare quello che trovavo sul posto e non agire da colonizzatore occidentale che arrivava ad imporre tutto dall’esterno con una produzione “ricca”.


Intervista ad Enrico Brignano
“Ha sentito vicino il personaggio di Fedele?”
“Si, era congeniale alle mie corde, nella fase preparatoria del film abbiamo pensato ad esempio che fosse divertente il cambiamento drastico, non solo psicologico ma anche fisico, di quest’uomo piuttosto particolare che parte per Cuba con certe intenzioni e che invece si ritrova completamente trasformato sia dall’isola sia dall’amore: nelle ultime immagini il suo modo di essere e di fare apparirà in pratica agli antipodi rispetto all’inizio della storia..”.

“Che rapporto si è creato con gli altri interpreti e con la realtà locale?”
“Io e Francesco Pannofino c’eravamo incontrati qualche volta ma non avevamo mai recitato insieme e questo nuovo film ha rappresentato per noi una fantastica occasione di lavoro e di viaggio: abbiamo familiarizzato molto sul set e a cena tutte le sere per un mese e a un certo punto siamo perfino partiti insieme per una piccola vacanza sull’isola: è stato un segno tangibile di quanto la nostra alchimia sia fosse rivelata giusta e profonda, sarei pronto a tornare a girare un film con lui già da domattina. Ma mi sono trovato bene anche con Aurora Cossio, che si è impegnata molto nel suo primo ruolo da protagonista, e con tutti gli altri interpreti con cui abbiamo trascorso diverso tempo nello stesso albergo trovando tante occasioni per conoscerci meglio: credo che il rapporto piacevole instauratosi fra tutti noi si veda anche nel risultato finale sullo schermo”.

“La chiave del film è nello scontro dei caratteri tra i due fratelli completamente diversi..”
“Sì, Fedele è sempre in soggezione rispetto a Vittorio fin da quando era bambino e quando scopre in un video che in realtà lui non era mai morto come tutti credevano ma soltanto fuggito lo raggiunge a Cuba verificando presto che vive alla giornata con piccole truffe ed espedienti. Col tempo però i ruoli si invertiranno e sarà Fedele a redarguire, giudicare, accusare, incriminare, amare e alla fine consigliare il fratello su quello che dovrebbe fare in un finale imprevisto ed imprevedibile..”.

“Quanto ha contato il contesto in cui vi muovevate girando il film?”
“Moltissimo, siamo arrivati in un Paese di cui non conoscevamo la realtà odierna e che è cambiato molto negli ultimi tempi rispetto agli stereotipi che da tempo lo avvolgono. Col passare dei giorni abbiamo potuto verificare da vicino le condizioni di una città e di un popolo che soffrono ancora l’embargo economico e sono completamente esausti a causa del regime che guida l’isola. Abbiamo potuto contare su compagni di lavoro straordinari sia artisticamente che umanamente che si sono mostrati fin da subito fraterni, generosi e sorridenti: tutto questo per certi aspetti ci ha agevolato, mentre in altri momenti era necessario che facessimo di necessità virtù adattandoci ad esempio ad un certo modo di risolvere le situazioni della gente locale che magari era rimasto fermo a 50 anni fa.. Vedendo all’opera gli attori, anche quelli che si adattavano a fare soltanto le comparse, ci accorgevamo di quanto il loro talento fosse sfruttato solo in minima parte (ad esempio abbiamo potuto contare per il ruolo di due poliziotti su due fantastici interpreti dai tempi comici perfetti che sembravano i fratelli De Rege..) e di quanto fosse alto il livello medio della recitazione , grazie alla celebre Scuola di cinema di San Antonio dos Banòs, diretta fino a qualche anno fa da Gabriel Garcia Marquez, che “sforna” sia tecnici dal livello professionale eccellente sia interpreti di talento, pronti per un tipo di cinema impegnato politicamente ma anche per le storie brillanti o di altro genere”.

“L’Avana si è rivelata aperta e tollerante verso la “macchina cinema” arrivata in città?”
“Se oggi Roma appare sempre più disincantata, scettica e stanca di essere identificata come città del cinema per antonomasia, L’Avana invece mi ha colpito molto perché sembrava disponibile ad aprirsi ad oltranza alla nostra presenza ed al poter condividere con noi il fascino del grande “baraccone” del cinema. I cubani hanno mantenuto una sorta di incanto costante, sono rimasti lungo le strade per ore per vederci girare, desiderando fortemente che succedesse qualcosa, pur non vivendo grazie alle fiction e ai film si mostrano sempre orgogliosi e speranzosi per il fatto che gli stranieri vadano a girare a casa loro. La gente era affamata, bastava offrire un po’ di soldi e, nei limiti del lecito, potevamo ottenere tutto quello di cui avevamo bisogno per girare in una location particolare come L’Avana dove a causa del gran caldo tutto diventava più faticoso, anche il semplice impegno fisico: la città è particolarmente affascinante se la si vive da turisti in un percorso protetto, altrimenti ti mette alla prova con tutte le sue contraddizioni, ad esempio con la necessità di non sprecare mai troppo l’acqua.”.

“Avete lavorato sul copione anche mentre eravate sul set?”
“Si, c’è stata una costante riflessione sulla sceneggiatura, verificavamo ogni giorno quello che c’era sulla pagina scritta e lo confrontavamo con quello che al momento avevamo realmente a disposizione, tra il dire e il fare ci sono state molte “varie ed eventuali” e la difficoltà principale per noi è stata quella di calibrare tutto per renderlo credibile e divertente allo stesso tempo. Abbiamo girato sempre più del necessario per potere poi montare il meglio di ogni scena, credo che certi cambiamenti effettuati in corsa sul set siano naturali e giusti ma l’importante è poter prendere spunto da copioni adeguati, lo dico perché lavoro spesso in teatro che è una specie di parente stretto del cinema e non vive solo di sovvenzionamenti e di aiuti ma spesso si nutre degli incassi col pubblico pagante. Il nostro cinema si è basato troppo spesso su idee costruite a tavolino ma oggi sono cambiate le regole, non c’è più niente che accada automaticamente, i sequel di certi film di successo non funzionano più come in passato e sono necessarie idee nuove, non tanto per “sceneggiare un contratto” già firmato da tempo quanto per cercare di incontrare realmente il pubblico”

”Dario Baldi tiene a sottolineare che nonostante le apparenze la vostra non è una commedia “balneare”..”.
“Conoscevo già piuttosto bene Baldi che aveva collaborato con una scuola di recitazione che dirigo scegliendovi poi tra gli allievi alcuni interpreti alla vigilia di questo nostro film. Ha confermato di essere un regista attento ed esigente, voleva evitare le situazioni facili e scontate, nel girare o rigirare una certa sequenza ha usato sempre la giusta attenzione mettendoci come si suol dire l’anima.
Un certo tipo di commedia popolare odierna purtroppo strizza spesso l’occhio alla volgarità, privilegia i momenti esasperati, diventa esagerato per cercare a tutti i costi la risata, ma in questa occasione abbiamo scelto invece di puntare sulla credibilità e sulla leggerezza dei rapporti, sarebbe stato troppo facile strizzare l’occhio a un certo tipo di linguaggio ma si sarebbe trattato di un boomerang che prima o poi sarebbe tornato indietro, ci siamo prefissi di non fare il verso a niente ed a nessuno e non ci siamo lasciati intimorire. Oggi si avverte una certa volontà di fare marcia indietro e di non insistere troppo ad investire sui sequel o i cinepanettoni, le grandi cordate che schierano diversi comici in scena cominciano ad essere meno fortunate al botteghino e credo che questo stia accadendo perché il pubblico che segue il cinema conserva la precisa volontà di sentirsi raccontare una storia che non sia un contratto sceneggiato per l’occasione ma semmai una.. sceneggiatura contrattualizzata in seguito. Purtroppo però da noi hanno funzionato a lungo le esclusive firmate da certi comici noti con qualche società ed ha fatto fede la necessità di uscire nelle sale in un certo periodo dell’anno: tutto questo vincola la creatività non tanto all’esigenza artistica quanto al dover “cucinare” in fretta qualcosa, qualsiasi cosa”.


Intervista a Francesco Pannofino
“Chi è il Vittorio che lei interpreta?”
“E’un romano sveglio, pratico e vitalissimo, tutt’altro che un santo, che in questa divertente storia, ben strutturata e da non confondere con un qualsiasi film “vacanziero” d’evasione, arriva a L’Avana dopo essersi finto morto per liberarsi della sua famiglia (in particolare dalle grinfie di suo suocero).
A distanza di anni suo fratello Enrico andrà a cercarlo a L’Avana dove era stato avvistato, lo ritroverà nelle vesti di svelto artefice di truffe e raggiri ai danni dei turisti e col tempo si innamorerà di Cuba e di una ragazza locale, mentre Vittorio finirà in giro per il mondo con la sua ex segretaria che non aveva mai smesso di amarlo e che appena ha potuto è volata sull’isola per raggiungerlo”.

“Come si è trovato a Cuba?”
“Ho trascorso un mese molto interessante e piacevole perché essere lì per motivi di lavoro è molto diverso dall’andarci in vacanza senza impegni, ho avuto l’opportunità di vivere l’isola da un’altra prospettiva soprattutto grazie ad un amico italiano di Dario Baldi che vive lì da tempo e che mi ha fatto conoscere la parte vera di Cuba ben diversa da quella visibile ai turisti. Ho potuto scoprire così un Paese piuttosto fermo nel tempo, che può contare su diverse opportunità positive grazie all’istruzione ed alla sanità che funzionano molto bene ed alla certezza per ogni cittadino di una quantità di cibo sufficiente per vivere, ma che non trova nessun margine di progresso a causa dell’embargo che condiziona e frena drasticamente l’economia: l’iniziativa privata è bloccata, i cubani si devono organizzare tra loro come possono per far fronte all’indigenza, esistono medici eccellenti che guadagnano meno di un cameriere che si industria con la doppia moneta (un turista paga 25 volte il prezzo di un cittadino locale..). Negli ultimi tempi si spera in nuove aperture verso l’Occidente - mentre eravamo sull’isola per le riprese era ricomparso in pubblico Fidel Castro - ma si tratta di processi molto lenti e difficili”

“Durante le riprese c’è stata la possibilità di improvvisare al di là della sceneggiatura tenendo conto della realtà locale?”
“Premesso che il copione era comunque ben strutturato il contesto in cui ci muovevamo ha stimolato la creatività di tutti, in scena e fuori, per l’atmosfera, l’allegria, i colori, siamo entrati in contatto con una filosofia di vita ben lontana dalla nostra e ci siamo adeguati, creando o modificando intere sequenze grazie all’ambiente in cui ci muovevamo che si è rivelato decisivo.
Nella conduzione di quest’impresa siamo stati molto fortunati nel poter contare su un regista giovane ma già molto esperto come Dario Baldi che è stato molto abile a “sposare” la situazione affrontando e superando brillantemente e con serietà gli ostacoli e le difficoltà che nascevano ogni giorno lavorando in un paese straniero così speciale”.

“Ricorda qualche episodio particolare della lavorazione?”
“A L’Avana abbiamo vissuto momenti particolarmente divertenti perché eravamo sul set a luglio, in un periodo caratterizzato da un caldo umido insopportabile che costringeva tutti a sudare moltissimo: tra una ripresa e l’altra arrivava in scena la truccatrice per asciugare i vestiti di noi attori con il phon ma in realtà finiva col peggiorare la situazione già compromessa.. Altri momenti irresistibili li abbiamo vissuti grazie a Brignano sia sul set sia soprattutto la sera, a cena e dopocena: Enrico ci faceva ridere tutti ininterrottamente, è un comico nato dai tempi perfetti, un grande trascinatore che quando si trova di fronte all’ipotesi di una battuta deve dirla per forza, non può farne proprio a meno, è più forte di lui, con tutte le conseguenze del caso..

“Lei si sente a suo agio più con la commedia che quando si trova alle prese con altri generi?”
“Direi di sì, mi piace far ridere, ma se mi si chiede di recitare una scena in cui scappa anche la “lacrimuccia” non mi dispiace, non mi tiro indietro.. A partire da quello piuttosto commovente in cui i due fratelli si ritrovano ci sono diversi momenti di tenerezza anche in questa commedia che considero particolarmente insolita e gradevole, perché cerca di evitare sempre stereotipi e luoghi comuni, bersagliando ad esempio con feroce ironia tutti quei turisti che vanno a cercare sesso a buon mercato ai Tropici”.


Intervista ad Aurora Cossio
“Quanto ha sentito vicino il suo personaggio di Almadedios?”
“Ho avuto la fortuna di nascere e crescere in Colombia in una famiglia borghese mentre la ragazza che interpreto è invece un’orfana di origini umili, lontana da me per la diversa situazione sociale di provenienza e le differenti opzioni di vita a disposizione. Credo però che mi somigli per un certo spirito latino, il calore, l’esuberanza e la vitalità, l’approccio con le emozioni e i sentimenti è stato uguale, ho cercato di sentire e di rappresentare la parte migliore della gente di Cuba e in particolare di certe ragazze che vengono portate, spesso per necessità, a compiere scelte di vita sbagliate, mi sono immedesimata ed identificata in lei sensibilizzandomi in quella problematica e comprendendo tutte le sue motivazioni e le sue ragioni. L’ho sentita vicina nella dolcezza e nella sua solarità, nel modo in cui vuole bene e in quello in cui lo dimostra, lo ero meno invece per le necessità differenti e per un percorso che per fortuna non mi appartiene: di conseguenza è stato messo a fuoco meglio il suo lato positivo rispetto a quello più oscuro, anche se nel divertimento prevalgono spesso i momenti di emozione”.

“Come si è trovata con suoi compagni di lavoro e con il suo regista?”
“Enrico Brignano e Francesco Pannofino sono due grandi professionisti molto simpatici che si sono prodigati in scena anche oltre il copione stimolando al meglio la loro creatività e quella di tutti, ci siamo passati bene la palla per andare a rete, abbiamo giocato bene insieme nella stessa squadra vincente, insomma. Dario Baldi mi è stato vicino per tutto quello che era necessario a guidarmi ed a tranquillizzarmi, mi ha lasciato una grande libertà (di cui lo ringrazio) di costruire il personaggio come volevo assecondando l’estro del momento senza nessuna rigidità ed aiutandomi ad approfondire meglio tutto e ad arricchire il copione prendendo ispirazione dal contesto in cui ci muovevamo”.

“Come e quanto vengono messi in luce nel film i luoghi in cui la vicenda si svolge?”
“Penso che Dario sia riuscito a dar vita ad una commedia non banale nè volgare, diversa da quelle in voga oggi, volevamo rendere giustizia al Sudamerica evitando i tanti luoghi comuni sull’argomento e tentando di essere i più realistici possibile, nella ricerca della verità in tutte le sue dimensioni e nella maniera di affrontare le cose. E’stato importante a questo proposito poter interagire con tanti straordinari attori provenienti dalla fantastica Scuola di Cinema locale ma anche con diverse persone comuni che si sono rivelate molto più creative di quanto si potesse immaginare.
Sembra che sia una dote tipica di chi nasce sul mare e a maggiore ragione su un’isola, è l’atmosfera intorno a te che ti porta a rivelare una luce diversa, a tirare fuori qualcosa di più e infatti i cubani sono molto più legati alla natura rispetto ad altri popoli, sono capaci di fare di necessità virtù usando lo stretto necessario, ad esempio cercando bene quanto serve nei piccoli mercati”.
“Si sente a tuo agio sia con le commedie sia con le storie reali?” “Sono fiera della mia parte versatile, sento di avere dentro di me le corde della commedia ma anche quelle drammatiche e mi viene spontaneo e naturale tirarle fuori, mi piace costruire tutte le dimensioni perché l’essere umano è un insieme di tante cose differenti, se lo si “divide” gli si toglie la sua verità completa. A L’Avana ho visto da vicino tante situazioni difficili, ho sentito tanto dolore nelle ragazze che si prostituiscono per necessità e ho provato verso di loro una sincera solidarietà, questa realtà mi ha toccato l’anima, il turismo sessuale e la gente che si serve senza scrupoli di quello che serve al momento e poi scappa via nel proprio Paese d’origine mi ripugnano. Credo che il nostro film porti con sé un sottotesto, ho provato a considerarlo come un dramma ambientato nella commedia: per fare in modo che vengano evidenziati gli aspetti più importanti di un popolo che ha diritto ad un turismo sano ho preso a cuore ed ho sofferto quella situazione. Non è stato facile poter prendere confidenza con una certa realtà ma non era possibile restare indifferenti, sono arrivata sul luogo con un certo anticipo per potermi documentare adeguatamente prima di dipingere il mio “quadro”, mettere la mia firma e cercare di essere la più sincera e onesta possibile, tirando fuori tutta la sensibilità e dolcezza possibile”.

“Ricorda in modo particolare qualche momento della lavorazione?”
“Si, quelli in cui ho recitato con un attore francese una delle scene più dure e faticose in cui lui cercava di violentare Almadedios. Ho sentito quella situazione come se fosse vera, come se fossi davvero io a reagire spaventata a quel sopruso che stava capitando davvero a me e non al mio personaggio: non stavo fingendo niente, i miei erano sentimenti reali, e capivo benissimo le motivazioni della ragazza che si innamora di Fedele proprio in quella sequenza in cui lui arriva a salvarla..”.

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