Rabbit Hole di John Cameron Mitchell

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locandina Rabbit Hole
 
Regista: John Cameron Mitchell
Titolo originale: Rabbit Hole
Durata: 90'
Genere: Drammatico
Nazione: U.S.A.
Rapporto:

Anno: 2010
Uscita prevista: Roma 2010, 11 Febbraio 2011 (cinema)

Attori: Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Sandra Oh, Dianne Wiest, Jon Tenney, Tammy Blanchard, Giancarlo Esposito, Miles Teller, Patricia Kalember
Sceneggiatura: David Lindsay-Abaire

Trama, Giudizi ed Opinioni per Rabbit Hole (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
 
Fotografia: Frank G. DeMarco
Montaggio: Joe Klotz
Scenografia: Kalina Ivanov
Costumi: Ann Roth

Produttore: Nicole Kidman,Gigi Pritzker,Per Saari,Leslie Urdang,Dean Vanech
Produttore esecutivo: Bill Lischak,Linda McDonough,Brian O'Shea,Daniel Revers
Produzione: Olympus Pictures, Blossom Films, Odd Lot Entertainment
Distribuzione: VIDEA CDE

La recensione di Dr. Film. di Rabbit Hole
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Colonna sonora / Soundtrack di Rabbit Hole
Potrebbe essere disponibile sotto, nei dati aggiuntivi (clic qui).

Voci / Doppiatori italiani:
Chiara Colizzi: Becca Corbett
Francesco Prando: Howie Corbett
Angiola Baggi: Nat
Laura Lenghi: Izzy
Davide Perino: Jason L'autista
Sabrina Duranti: Gabby

Informazioni e curiosità su Rabbit Hole

Note dalla produzione:
Rabbit Hole è tratto dall’acclamata pièce teatrale del drammaturgo David Lindsay-Abaire,
vincitore del premio Pulitzer.

Notizie sulla produzione
In Rabbit Hole una famiglia affronta una tragedia che cambia tutto - tutto, tranne il fatto che resta senza dubbio una famiglia tenuta insieme da amore, humor, rabbia, bisogni, rivalità, colpa e speranza, come era sempre stata.
L’universo della famiglia Corbett, sicuro e confortevole, viene sconvolto in ogni modo immaginabile dopo la morte del figlioletto, eppure restano alcuni legami - non importa quanto siano bizzarri, assurdi e appesi a un filo - che fungono per loro da ancora di salvezza. Sono proprio questi legami che trasformano la storia di questa famiglia non soltanto in un affresco commovente della perdita e del lutto, ma anche in un viaggio inaspettato negli stati d’animo più dolorosi, divertenti e sorprendenti dell’essere umano, e che ci fanno restare attaccati alla vita anche nella catastrofe.

Olympus Pictures, Blossom Films e Odd Lot entertainment presentano Rabbit Hole. Il film rappresenta una nuova sfida per il regista John Cameron Mitchell e ci regala un cast avvincente e profondamente impegnato, che include Nicole Kidman, Aaron Eckhart e Dianne Wiest. È stato adattato per il grande schermo dall’acclamato drammaturgo David Lindsay-Abaire, autore dell’omonima pièce teatrale che gli è valsa il Premio Pulitzer. I produttori sono Leslie Urdang, Dean Vanech, Nicole Kidman, Per Saari e Gigi Pritzker; i produttori esecutivi sono Daniel Revers, Bill Lischak, Linda McDonough e Brian O’Shea.

Il dramma di Lindsay-Abaire è andato in scena per la prima volta a New York nel 2006. Si trattava di un’opera totalmente estranea alle corde di un artista che era noto per le sue incursioni picaresche nella commedia demenziale, con testi come Fuddy Meers e Kimberly Akimbo. Tuttavia, sebbene Rabbit Hole esplori il tema ben più serio di una giovane famiglia sconvolta da un incidente fatale e sia palpabilmente più reale di ogni altro testo di Lindsay-Abaire, la vicenda non si sviluppa in una direzione convenzionale.

Senza cedere minimamente al sentimentalismo, Lindsay-Abaire fa di Becca e Howie Corbett una coppia piena di umorismo e ironia, tanto intelligenti da capire che il loro amore non trionferà in modo catartico e drammaticamente hollywoodiano sul lutto che li ha colpiti, per quanto essi lo desiderino. Invece, la loro vicenda si incentra sul modo in cui la gente comune affronta la tragedia - con stranezza, testardaggine, sarcasmo, alla ricerca disperata del perdono e della riconciliazione che giungono inaspettati e che fanno andare lentamente e dolorosamente avanti, verso una vita alterata, ma alla quale si resta, nonostante tutto, aggrappati.

Il titolo della pièce (Rabbit Hole - La tana del Bianconiglio), che richiama la caduta di Alice nel Paese delle Meraviglie in un mondo straordinario, sconosciuto, dove accadono eventi impossibili, evoca l’esperienza surreale del lutto, che fa sentire chiunque la provi come uno straniero in terra straniera.
Lindsay-Abaire non ha dato vita soltanto a una coppia reale travolta e scaraventata via dal proprio mondo, ma ne ha fatto due opposti emotivi polari: la riservata e controllata Becca vuole andare avanti da sola, mettere da parte il passato e tenersi tutto dentro; mentre il più estroverso ed espressivo Howie si aggrappa ai ricordi, alle amicizie e alla speranza di rivitalizzare il suo matrimonio.

Inoltre il testo crea intorno alla coppia un cast di personaggi pittoreschi e bizzarri che nonostante tutto aiutano i due genitori “a tornare a casa”. Personaggi centrali della vicenda sono la sorella stravagante di Becca, Izzy, che tocca tutti i nervi scoperti di sua sorella quando le annuncia di essere incinta; la madre di Becca, Nat, che parla continuamente, ma solo raramente dice la cosa giusta; e Jason, il ragazzo adolescente la cui vita viene sconvolta quando investe incidentalmente il figlio dei Corbett con la sua auto e da quel momento diventa disperso in una terra di nessuno, esattamente come i due protagonisti. Tutti restano impietriti e attoniti dalla situazione, eppure, insieme, riusciranno a godere, seppure con difficoltà, di alcuni momenti di umorismo e grazia, quasi a voler ricordare che la vita ha ancora molto da offrire.
Il dramma ha ottenuto ottime critiche, Ben Brantley ha scritto sul New York Times: “Non ci si sente mai violentati da un brutale sentimentalismo che ci dice: “Avanti, tesoro, piangi”. C’è troppa onestà, accuratezza e umorismo nei dettagli”. L’Entertainment Weekly lo ha decretato “un nuovo dramma trascendente e profondamente toccante, che alterna mirabilmente l’ilarità al lutto”.

Rabbit Hole ha ottenuto cinque nomination ai Tony Awards, tra cui Miglior Dramma Teatrale, e nel 2006 ha fatto vincere il Premio Pulitzer a Lindsay-Abaire. Ma soprattutto il testo è stato amato dal pubblico di tutto il mondo, in particolare da chi conosce bene le difficili questioni e le emozioni imprevedibili descritte e avendo sofferto una grave perdita deve imparare a conviverci.
Il dramma ha ottenuto un rapido successo internazionale e il premio Oscar e produttrice Nicole Kidman ne è rimasta conquistata ancor prima di vederlo, al punto che Rabbit Hole è diventato il suo primo progetto come produttrice e interprete per la sua casa di produzione Blossom Films.

Il produttore Per Saari, partner della Kidman nella Blossom Films, ricorda: “Nicole, che all’epoca era in Australia, lesse una recensione della pièce e pensò subito che era il genere di soggetto che avremmo voluto sostenere: un dramma toccante e umano, scritto da un autore giovane e di talento che rispondeva al nome di David Lindsay-Abaire. Nicole e io abbiamo subito avuto una sensazione positiva. Eravamo decisi a vedere il dramma prima che fosse scoperto da Hollywood, così volai a New York alla vigilia della tormenta di neve più spaventosa che abbia mai colpito la città. Rimasi bloccato a New York per quasi una settimana, ma fu tempo speso bene”.

Dopo aver visto Rabbit Hole a teatro, Saari capisce immediatamente perché i critici siano rimasti tanto entusiasti dall’approccio scarno, asciutto e venato di humor a temi delicati come l’amore, il lutto, il matrimonio, i rapporti familiari, che spesso sono annacquati dal sentimentalismo. “Il dramma era scarno e non cercava di sfuggire alla verità del lutto, ma era anche pieno di speranza e umorismo, perché ovviamente l’umorismo e il senso di rinascita fanno parte della tragedia. Avendo perso di recente mio padre e mio fratello, assistere a questo dramma è stata un’esperienza terribilmente rivelatrice. Pensavo “Questo me lo ricordo… non sarei mai riuscito a esprimere a parole una simile esperienza, ma ora è là”. E’ come se David avesse scritto le battute perfette, usando le parole perfette che descrivono l’esperienza di un lutto, eppure ha mantenuto una grande umanità e forza espressiva”.

La Kidman ha avuto una reazione simile. “Credevo nel tema del soggetto”, dichiara. “Vorrei portare sullo schermo storie difficili da rappresentare. Sono rimasta catturata da questa coppia che divide una tragedia incredibile e sconvolgente, reagendo però in modi diversi. Devono elaborare il lutto ciascuno a modo suo e continuare a vivere insieme. Ho trovato tutto questo molto affascinante e ho desiderato interpretare Becca”.
Quando Saari ha incontrato Lindsay-Abaire, il drammaturgo si è mostrato subito disponibile alla collaborazione. “Avevo la sensazione di non aver chiuso con i personaggi di Rabbit Hole”, confessa l’autore. “E quando Per e Nicole mi hanno contattato, l’idea di esplorarli dalla nuova prospettiva cinematografica ha eccitato la mia sensibilità di scrittore”.

Continua: “Per mi disse subito che volevano che mantenessi nei confronti del film lo stesso atteggiamento di paternità che mi legava alla pièce. Ovviamente agli autori non si dice mai niente di simile, ma hanno mantenuto fede alle loro parole. Sono stato coinvolto in ogni scena sul set, non è stata cambiata una singola battuta scritta da me. E infine, tutti coloro che hanno preso parte al progetto, John Cameron Mitchell e l’intero fantastico cast, hanno dato un contributo enorme. Mi sento fortemente in debito nei loro confronti, ma anche io ho cercato di essere sempre presente e per me è stato un vero dono”.
Spiega Saari: “Sostenere l’artista per me e Nicole è una priorità e credo che tutti noi abbiamo subito capito l’importanza di mantenere l’integrità di questo progetto dall’inizio alla fine. David ha fatto parte della nostra famiglia sin dal nostro primo incontro”.
Si sono uniti alla famiglia anche i produttori Leslie Urdang e Dean Vanech della Olympus Pictures che hanno avuto un ruolo di primo piano nel portare il progetto sul grande schermo. Dice Saari:

“Nicole e io siamo stati fortunati a collaborare con Leslie e Dean, che sono stati anche i finanziatori del film insieme alla Odd Lot. Leslie, con cui avevo lavorato per la casa di produzione di Robert Redford, è molto capace a muoversi nell’ambito dei film a budget ridotto e ogni giorno ci dimostrava che cosa si può fare con poco denaro o addirittura senza. Ma anche un progetto che sembra nascere sotto i migliori auspici ogni giorno incontra degli imprevisti che minacciano di far terminare le riprese: un’influenza suina, uno spaventoso tornado su New York - ma Leslie era sempre là, col suo sorriso e la decina di film indipendenti che aveva prodotto, a ricordarci che il cinema indipendente funziona così, bisogna sempre andare avanti”.

Urdang e Vanech sono rimasti coinvolti dal soggetto quanto la Kidman e Saari. “Avevo visto il dramma e avevo immaginato Nicole come un’interprete magnifica nel ruolo di Becca”, dice Urdang. “E come molti altri produttori ero alla ricerca di un soggetto che potesse interessare John Cameron Mitchell dopo Hedwig. Devo ammettere che sono rimasto estremamente contento quando ho letto la sceneggiatura, che ho trovato più raffinata, divertente e commovente di quello che avrei immaginato”.
“Ci è sembrata una storia importante da raccontare perché tutti noi dobbiamo, o dovremo, affrontare un lutto. Rabbit Hole, con il suo humor, la sua onestà e la sua indulgenza ci ricorda di come gli esseri umani - ciascuno a modo suo - possano continuare a vivere una vita bella e piena anche dopo aver provato il più terribile dei dolori.”


“La cosa che vi spaventa di più”: L’adattamento cinematografico del soggetto
Quando iniziò a scrivere Rabbit Hole, David Lindsay-Abaire fu ispirato da un suggerimento di una sua insegnante della Julliard School, Marsha Norman, che gli era rimasto impresso: “Scrivete di quello che vi spaventa di più”. Lindsay-Abaire confessa che per molto tempo non era sicuro di aver compreso esattamente che cosa significasse.
Poi, nacque suo figlio e improvvisamente ebbe l’illuminazione e comprese perfettamente. “Quando ho pensato come avrei reagito se avessi perso mio figlio, ho sentito una morsa di terrore nel più profondo di me stesso”, spiega Lindsay-Abaire. “E quello è diventato il seme di Rabbit Hole”.

Iniziando a esplorare le radici delle sue paure, quel seme si è schiuso organicamente sbocciando nei Corbett, che prendono vita in una serie di conversazioni familiari che si tengono nella loro bella casa di Westchester, conversazioni dense di dialoghi cristallini e serrati, che smascherano tutte le emozioni che si agitano sotto una superficie apparentemente placida e serena.
Tuttavia, di fronte al compito di tradurre il linguaggio drammaturgico della pièce in un film, Lindsay-Abaire ha dovuto indagare nell’animo dei Corbett con occhi nuovi e trasporre la loro storia dalla statica compattezza del registro teatrale trasformandoli in creature cinematografiche che vivono di vita propria.

“Il dramma si svolgeva interamente nella casa dei Corbett, ma presto mi sono reso conto che la scrittura cinematografica mi avrebbe permesso di aprirmi totalmente al mondo di Becca e Howie”, spiega. “Ho avuto l’opportunità di rappresentare una serie di episodi che nel dramma teatrale vengono semplicemente nominati, permettendo al pubblico di farne esperienza. Ad esempio, ho potuto mostrare il gruppo di sostegno frequentato dai Corbett, quello che vi accade e mostrare la scena di Becca al supermercato quando vede una madre col bambino. Tutto questo mi ha dato la possibilità di capire meglio i miei personaggi, perché il loro mondo era stato allargato e vi si potevano muovere in un modo completamente diverso.”

Continua: “Ciò che mi è piaciuto nell’adattare Rabbit Hole per il cinema non è stata solo la possibilità di espandere il punto di vista, ma anche il senso di permanenza. A teatro ogni rappresentazione è un’esperienza unica, che non si ripete mai uguale a se stessa, e una volta che è finita non ritornerà. Il cinema invece cattura un momento per sempre, e questo è un aspetto completamente diverso ed eccitante.”
Nicole Kidman è rimasta colpita da come Lindsay-Abaire sia riuscito subito a spostare il suo punto di vista nella più vasta ottica cinematografica. Ha detto: “È un talento naturale, ha cambiato pochissime cose rispetto al dramma se lo conoscete bene, ma ha capito realmente come parlare il linguaggio del cinema. Ha una profonda comprensione dei personaggi e delle loro emozioni. Ho sempre saputo che sarebbe stato in grado di esprimerlo. Mi è piaciuto lavorare con lui, è facile parlare la sua lingua.”

Ritoccando i dialoghi per l’adattamento cinematografico, la priorità di Lindsay-Abare è stata quella di trasferire nella sceneggiatura il senso umoristico e dell’assurdo che aveva espresso in modo tanto sorprendente nella pièce teatrale.
“Ho lavorato molto duramente nella scrittura per smussare gli aspetti più severi di questa storia”, afferma. “In base alla mia esperienza le persone non perdono il senso dell’umorismo, nemmeno nei periodi più dolorosi della loro vita. Credo che i Corbett siano sempre stati due persone simpatiche e ora che si trovano ad affrontare una tragica perdita, non perdono quell’aspetto. Per me era importante che il film fosse ondeggiante, umoristico e toccante, esattamente come lo sono i suoi protagonisti”.

Per far sì che ciò accadesse, Lindsay-Abaire sapeva di aver bisogno di un regista in grado di portare un approccio nuovo e personale alla storia. Mentre scriveva la sceneggiatura, i produttori contattarono John Cameron Mitchell, la cui formazione affonda le radici nel teatro newyorchese, ma che aveva sfondato al cinema con un musical indipendente acclamato dalla critica, Hedwig - La diva con qualcosa in più, tratto dall’omonima commedia teatrale rappresentata off-Broadway, scritta a quattro mani con Stephen Trask. Mitchell era tornato al successo con la pluripremiata commedia sexy Shortbus, rivelando la sua versatilità come cineasta.
Rabbit Hole rappresentava una svolta stilistica radicale, eppure tutti - racconta Per Saari - hanno capito come Mitchell potesse apportare qualcosa di speciale alla storia.

“La difficoltà maggiore era trovare un regista che sapesse tradurre questa storia in un film sviluppandone tutto il potenziale. Un aspetto che contribuisce al brillante funzionamento del dramma teatrale è che non c’è una nota sbagliata in tutto il progetto. Una sola sbavatura e l’incantesimo si sarebbe rotto”, commenta Saari. “Il comune denominatore del lavoro di John è il suo sguardo inflessibile sulla condizione umana: sono individui emarginati che scendono a patti con le loro emozioni e paure più profonde, in cerca del loro posto nell’universo. Nicole e io siamo stati immediatamente attratti dall’idea di John di applicare un approccio senza filtri - come in Hedwig and the Angry Inch e 7 in Shortbus - anche ai personaggi di Rabbit Hole. John, che ha perso un fratello quando era molto giovane, ha avuto un rapporto molto personale con il soggetto e da subito abbiamo intuito che il film lo avrebbe potuto fare soltanto lui”.

Continua Saari: “Ci sono dei momenti, soprattutto nei primi piani, quando Becca scompare dentro il suo mondo... sono momenti delicatissimi, appena percettibili, in cui comprendo perché Rabbit Hole fosse perfettamente adattabile al cinema. E’ un’esperienza completamente diversa dal testo teatrale”.
Anche Lindsay-Abaire ha sentito una forte affinità con Mitchell. “Ciò che mi piace di John è che il suo lavoro è totalmente permeato di emozione e onestà, pur restando dissacrante e umoristico”, afferma.“Osservando i precedenti film di John, ho sentito che come regista tocca le stesse corde che io ricerco nella scrittura. Siamo una coppia perfettamente assortita”.
Mitchell dichiara che Rabbit Hole ha molto in comune con i sue due film, dove la comicità è ben più esplicita, se si riesce a penetrare sotto l’apparenza dell’impianto naturalistico.

“Sono sempre stato attratto dalle storie di persone che cercano dei legami, che non vogliono restare sole, e dai personaggi che vogliono scalfire i propri muri interiori”, afferma il regista.“Tutti i miei film condividono questo aspetto. Narrano di gente che cerca quel bagliore di luce in fondo al tunnel. Ciascuno lo fa secondo uno stile completamente diverso, ma è come se avessero la stessa anima.”
Leggendo la sceneggiatura di Lindsay-Abaire per Rabbit Hole, Mitchell ha percepito immediatamente il fascino dei suoi temi. “Mi piaceva che non fosse soltanto la storia di una perdita, ma anche della perdita di comunicazione che ne scaturisce. Mi sono ritrovato a fasi alterne a piangere e a ridere durante la lettura”, dichiara. “Di solito mi piace scrivere personalmente le sceneggiature con cui lavoro, ma questa era talmente profonda, matura e ricca che mi ha subito fatto cambiare idea. Il mio interesse è stato immediato e ho abbandonato tutto il resto”.

Subito dopo aver letto la sceneggiatura, Mitchell parla con Nicole Kidman. A qualsiasi costo vuole farle sapere quali sono le sue impressioni su quel soggetto e, con sua sorpresa, tra loro due scocca subito una comunione d’intenti. “Credo che abbia avuto una specie di intuizione istintiva che quella fosse la combinazione azzeccata e cominciammo subito a lavorarci”, ricorda Mitchell. “È successo tutto così, è stato come un fulmine a ciel sereno.”
Dice la Kidman di Mitchell: “Non so se sia giusto dire che lo abbiamo scelto noi come regista. Io credo che lui abbia trovato il testo e noi abbiamo trovato lui. Credo che sia il modo più corretto per esprimerlo, perché in fin dei conti, se ci sono delle motivazioni pure, ognuno di noi è qui perché vuole raccontare questa storia - e in questo modo ci siamo trovati e abbiamo percorso la strada insieme. Adoro lavorare con John perché è estremamente schietto, ho amato molto il suo lavoro in Hedwig, che è un film spettacolare ma anche una storia squisitamente umana”.

Come per Lindsay-Abaire, anche per Mitchell l’umorismo del testo teatrale è stato cruciale, offrendo una chiave d’accesso, sia al pubblico che a lui stesso, per arrivare al cuore dei personaggi, esprimendo il modo in cui il loro mondo tranquillo e accogliente improvvisamente precipita nell’impossibile e nell’assurdo.
“Credo che qualsiasi tragedia sia sempre accompagnata dall’assurdo”, afferma Mitchell. “Per me non sarebbe stato realistico girare un film come questo senza umorismo, perché è parte integrante della vita quotidiana ed è uno degli “strumenti di navigazione” per gestire le relazioni e sopravvivere. Ho sempre pensato che l’umorismo fosse un aspetto essenziale del testo di David ed è diventato irrinunciabile anche per il cast”.


Una coppia divisa: Becca e Howie Corbett
Al centro di Rabbit Hole ci sono Becca e Howie, che sono convinti di condurre una vita familiare modello e un matrimonio moderno, finché questo universo non viene sconvolto da un incidente assurdo, che li lascia improvvisamente incapaci di qualsiasi azione, compresa la possibilità di continuare un rapporto normale tra moglie e marito. La vicenda si muove in un certo senso sull’onda delle emozioni imprevedibili dei due protagonisti, che pongono agli attori una sfida impegnativa e allo stesso tempo affascinante.
Sebbene siano stati portati in scena da molti attori straordinari, John Cameron Mitchell ritiene che il premio Oscar Nicole Kidman e il candidato ai Golden Globe Aaron Eckhart ne abbiano dato un’interpretazione del tutto unica.

“Nicole e Aaron hanno creato una Becca e un Howie che risultano assolutamente credibili e che racchiudono in sé il bene e il male”, dice. “Le loro interpretazioni sono così cristalline che si possono vedere gli errori che commettono nel momento in cui li commettono, ma si capisce anche il perché delle loro azioni”.
La Kidman si è tuffata senza riserve nel ruolo di Becca, sapendo che l’avrebbe condotta in luoghi oscuri e ambigui. Per la Kidman, Becca non è taciturna e distaccata perché non prova niente, ma al contrario, perché coraggiosamente sta tentando di segregare l’oceano di emozioni che la minaccia, in modo da riuscire ad andare avanti.

“Mi sono confrontata con lo stoicismo di Becca”, dichiara la Kidman. “Il mio approccio al personaggio di Becca è stato quello di riconoscere il suo enorme dolore; sembra quasi che toccandola, potrebbe rompersi, non può continuare a vivere così, e credo che sia così per ogni donna che perda un figlio. Si deve svegliare ogni mattina facendo i conti con una perdita che la annienta e la schiaccia, e l’unico modo che Becca ha per affrontare la vita è di continuare ad andare avanti. Disperatamente cerca di scegliere la vita - ad esempio quando prende la vernice per ritinteggiare la casa dice “Non posso abbattermi e lasciarmi morire. Allora come posso vivere? Devo trovare un modo.”
E continua: “Ha toccato i miei nervi scoperti in modo talmente profondo da fare paura. E’ una realtà psicologica che non avrei mai voluto indagare, eppure per qualche ragione, ci sono arrivata, e per farlo ho dovuto lavorare duramente. Ci è voluto molto per arrivare a questo punto, ma ora che sono nel personaggio, ne sono totalmente assorbita. Provo una profonda compassione per Becca e per tutta la famiglia”.

Oltre agli stati emotivi intensi, la Kidman ha dovuto recitare usando anche umorismo e sprazzi comici. “Credo che nella vita, anche nei momenti di estremo dolore, le persone continuano a essere divertenti e credo che sia questo a rendere la storia così palpabile, perché se si riesce a far ridere le persone, anche quando soffrono, questo è molto consolatorio”, dice. “L’umorismo è sempre presente, anche se è un umorismo nero”.
Leslie Urdang dice che la Kidman ha trovato il giusto equilibrio tra l’ironia pungente di Becca e il suo cuore straziato. “È una delle attrici di maggior talento con cui abbia avuto il piacere di lavorare”, afferma il produttore.“Ha fissato uno standard altissimo che ha ispirato tutti a lavorare al meglio.”

Essenziale nell’interpretazione della Kidman è stato anche il rapporto che ha costruito con Aaron Eckhart, nel ruolo del marito di Becca, che è il suo esatto opposto nella reazione alla perdita - Howie farebbe di tutto per ritrovare quell’intimità emotiva che prima dava per scontata. Dice la Kidman di Eckhart: “Aaron ha dato tutto al personaggio: umorismo, intelligenza ed è diventato un marito meraviglioso. E’ arrivato sul set e lo ha illuminato. Lo trovo molto bravo e mi piace osservare il suo processo interpretativo, come esplora tutte le strade. E’ un attore aperto ed è bellissimo lavorare con lui”.

Eckhart è diventato famoso per una sequela di personaggi ambigui e inquietanti, dal misogino manipolatore nella pellicola di Neil Labute Nella societa' degli uomini, al faccendiere dell’industria del tabacco in Thank you for smoking di Jason Reitman, al duplice ruolo di buono e cattivo di Harvey Dent e Due Facce nell’episodio di Batman diretto da Christopher Nolan Il cavaliere oscuro. Ma in Rabbit Hole, interpreta un uomo estremamente comune, con una recitazione misurata, regalandoci una delle sue interpretazioni più genuine e commoventi.
Eckhart è stato guidato dalla disperata ricerca di Howie Corbett di raccogliere i pezzi e andare avanti - anche se non riesce a capire come riuscirci in sintonia con sua moglie. Per Eckhart, Howie cerca consolazione e, mentre Becca si allontana sempre di più, è tentato di trovarla in un’altra donna, che sembra capire quello che sta passando.

“Quello che mi interessava era che Howie e Becca cercano di salvare un rapporto che una volta era allegro, divertente e tenero, ma ora tutto è cambiato”, afferma Eckhart. “La loro è una bella storia che vale la pena raccontare, una storia che avrà risonanza in molte persone - in tutti coloro che hanno provato la confusione, il lutto, le pressioni familiari, le difficoltà coniugali, tutti problemi che ciascuno deve affrontare quotidianamente.”
Nemmeno lui è riuscito a sfuggire agli inaspettati guizzi umoristici della sceneggiatura. “Credo che catturi quei momenti familiari che sono contemporaneamente divertenti e amari”, osserva. “Porta alla luce quell’umorismo che nasce quando niente sembra più avere senso e si cerca solo un po’ di sollievo”.

Se la sceneggiatura ha esercitato una forte attrazione su Eckhart, è stata l’opportunità di lavorare con la Kidman che ha dato lo slancio finale. “Quando ho letto la sceneggiatura, sapevo che Nicole sarebbe stata perfetta”, confessa. “Non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di lavorare con lei a questo progetto. E’ stato un piacere vederla diventare Becca e lasciarsi coinvolgere dalla forza di questa trasformazione. E’ passionale, scrupolosa e talmente vicina al soggetto da poterlo quasi toccare.”
Per David Lindsay-Abaire, vedere la Kidman ed Eckhart portare degli elementi nuovi in Becca e Howie è stato emozionante. Aveva vissuto così tanto con i suoi personaggi, vedendoli in tante interpretazioni diverse, che non credeva che potessero ancora sorprenderlo. Ma era esattamente il contrario.

“Non conta quanto tempo avessi trascorso sviscerando tutti gli aspetti possibili delle personalità e dei rapporti dei personaggi. Quando li metti nelle mani di un grande attore, improvvisamente scopri degli aspetti che non sapevi esistessero”.
E continua: “Nicole è un’attrice piena di pathos, intelligente e ironica, ha tutte le qualità necessarie per Becca. Ha scoperto la natura complessa che si agita sotto la superficie di Becca, ed è stata in grado di esprimerla soltanto con gli sguardi. Mi ha reso il mestiere dello scrittore più semplice perché non le servono neanche le parole per creare emozione. E non potevamo trovare un attore più adatto di Aaron, che ha un registro interpretativo commovente ed emotivo sempre accessibile, esattamente come Howie. Loro due danno vita ai personaggi in modo magico”.


Retroscena familiari: Nat e Izzy
Pur se il loro mondo è stato sconvolto, Becca e Howie devono continuare a convivere con il resto della famiglia, comprese le esuberanti e nevrotiche madre e sorella di Becca, che non sanno come aiutarla, ma tentano comunque di farlo.
Nat, la madre di Becca, è diventata uno dei personaggi più amati dal pubblico teatrale - una madre chiassosa, un po’ bislacca, molto simpatica, commovente e reale. Per il suo ruolo gli autori hanno scelto Dianne Wiest, vincitrice di due Oscar, per Pallottole su Broadway e Hannah e le sue sorelle, e candidata all’Oscar per il ruolo della madre apprensiva in Parenti, amici e tanti guai.

La Wiest ha affondato i denti nel personaggio di Nat, ne ha fatto il ritratto di una donna che vorrebbe dire soltanto le parole giuste a una figlia in lutto, ma tutto quello che esce dalla sua bocca… suona sbagliato. Ma anche se Nat dice e fa sempre cose sbagliate, le fa perché sono dettate dall’amore e dall’empatia e questo è altrettanto chiaro. Andando avanti nella storia, scopriamo che anche Nat ha perso un figlio, sebbene in circostanze molto diverse, e sa che cosa significhi vivere con un “buco nel cuore” il che lascia anche a Becca un barlume di speranza.
“Durante i casting per scegliere Nat, cercavamo un’attrice che facesse da collante alla storia. Il suo personaggio dà sollievo comico, ma è anche colei che tiene insieme disperatamente tutti i frammenti della famiglia”, spiega Per Saari. “Dianne infonde calore in qualsiasi ruolo interpreti. E’ come un membro della famiglia - della famiglia di ciascuno - che dispensa saggezza e dolcezza”.

Lindsay-Abaire è stato conquistato dall’interpretazione ricca di sfumature della Wiest.
“Nat rischiava di essere totalmente sopra le righe”, nota, “ma Dianne ha un modo straordinario di esprimere significati sottintesi in tutte le sue scene e sa mostrare il senso di speranza che è dentro Nat. Si vede quanto cerchi disperatamente di fare la cosa giusta per sua figlia, anche se non sa quale sia, e alla fine vediamo che riesce a spingere Becca ad andare avanti, anche se solo di un passo”.

A Tammy Blanchard, nota per i suoi lavori a Broadway, candidata agli Emmy per l’interpretazione di Judy Garland nella miniserie televisiva Life with Judy Garland: Me and my Shadows e per il ruolo della fidanzata sorda di Matt Damon in L'ombra del potere, è affidato il ruolo di Izzy, la sorella in conflitto con Becca.
Izzy è tanto chiassosa, irrequieta e inconcludente quanto Becca è controllata, seria e attentamente misurata, il che amplifica la loro rivalità di sorelle, ma la loro relazione è destinata a diventare ancora più complicata quando Izzy annuncia che sta per avere un bambino, notizia che colpisce il lutto di Becca come un pugno allo stomaco.

La Blanchard è rimasta affascinata dallo scontro tra le sorelle: “Izzy è una donna iperattiva, nevrotica che ha sempre amato le feste e i flirt”, spiega. “Non riesce a tenersi un lavoro e continua a vivere con sua madre, ma le succede una cosa meravigliosa e scoppia dalla felicità all’idea di avere un figlio. Becca, al contrario, ha fatto sempre tutto bene nella vita, ha preso le decisioni giuste, è una lavoratrice, però le tocca la più atroce delle sorti. Entrambe sentono di essere vittime di un profondo senso di ingiustizia e uno dei grandi interrogativi posti dalla storia è se queste due sorelle, così diverse, riusciranno ad adattarsi agli sconvolgimenti che la vita ha riservato loro. Credo che soltanto l’amore possa aiutarle ad andare avanti.”

Per la Blanchard la forza della storia è racchiusa nella comprensione senza veli di come le famiglie possano contribuire alla propria dissoluzione, ma anche aiutarsi reciprocamente a rimettersi in sesto.
“La trovo una storia molto speciale”, dichiara, “perché ci rammenta di quanto spesso feriamo le persone che amiamo di più. Ma allo stesso tempo è un’analisi di come le famiglie possano sopportare dei fardelli ed essere il portale attraverso cui riprendersi dopo una tragedia. Spesso diciamo “Oh, la zia è una sciocca, mia sorella è una rompiscatole”… ma poi quelle sono le persone che ci saranno sempre vicine quando avremo bisogno di loro”.

E continua: “Becca è un personaggio estremamente reale, è una Alice nel Paese delle Meraviglie in carne ed ossa che finisce in un luogo oscuro e incontra personaggi che credeva di conoscere, ma che ora hanno un aspetto completamente diverso, eppure in qualche modo riescono a riportarla a casa”.
Pur essendo rimasta subito colpita dal soggetto, nulla avrebbe potuto preparare la Blanchard al primo giorno di riprese sul set con la Kidman. “Per i primi 20 minuti non sono riuscita a guardare altro che lei”, dice ridendo. “Ero estremamente nervosa. Ricordo che quando la vidi in Moulin Rouge, fece accendere la passione dentro di me. E starle accanto mi ha fatto provare un’emozione fortissima. Poi siamo riuscite a dare vita a un “cortocircuito” tra di noi, che era necessario per interpretare due sorelle in conflitto”.

La Kidman si è divertita a dare vita a un rapporto “conflittuale” con la Blanchard. “Come sorelle dovevamo essere diametralmente opposte”, afferma, “ma credo che il fatto che anche Tammy, come me, ha dei figli ci abbia reso particolarmente in linea con il tema del soggetto”.
Oltre a essere ispirata dai suoi co-protagonisti, la Blanchard dice di essersi trovata particolarmente a suo agio sul set diretto da John Cameron Mitchell. “Mi sono fidata completamente di lui dopo 10 minuti”, ricorda, “anche John è stato un attore, sa come parlare agli attori, come interagire con gli attori e ho sempre saputo che ci avrebbe condotti esattamente dove dovevamo arrivare.”


Un legame inaspettato: Miles Teller nel ruolo di Jason
Uno dei ruoli più difficili di Rabbit Hole spettava al giovane neoattore Miles Teller che interpreta Jason, il ragazzino amante dei fumetti la cui vita viene sconvolta per sempre quando investe il figlio dei Corbett che esce di casa correndo dietro al loro cane. Timido ma determinato, vuole trovare una via di scampo dal senso di colpa paralizzante e cerca di stabilire un contatto con i Corbett, provando a trovare un modo, esattamente come loro, per continuare a vivere nonostante l’insostenibile situazione. Teller, che studiava alla New York University quando ha fatto il provino, è al suo debutto cinematografico.

Dice John Cameron Mitchell della sua prima interpretazione: “Credo che per il pubblico Miles sarà uno straordinario nuovo volto. Incarna il teenager che affronta in modo stupefacente un cambiamento radicale nella sua vita. E’ giovanissimo, ma dai suoi occhi si legge che ha sofferto molto e l’affinità che si sprigiona tra lui e Nicole è palpabile”.
La Kidman si è sentita sin dall’inizio a suo agio con Miles. “E’ stata una vera scoperta”, commenta.
“Uno dei suoi lati più belli è che arrossisce e siamo riusciti a catturare quel rossore anche sullo schermo. Lo adoro, veder cambiare il colore della pelle di un attore è un esempio di grandissimo talento ed essere stati capaci di catturare quel momento magico rende più vere le emozioni”.

Aggiunge Aaron Eckhart: “Miles ha una futuro meraviglioso davanti a sé. Le sue scene con Nicole sono tenere e umane”.
Teller dice che nonostante le differenze, ha sentito un’empatia immediata con Jason, la cui vita subisce una violenta interruzione ancor prima di cominciare. “Ovviamente non ho provato l’esperienza che vive Jason, ma posso capire i suoi sentimenti e il suo desiderio di perdono”, dichiara.
Teller è stato attratto dalla segreta ma necessaria relazione che Miles allaccia con Becca, una relazione che dà a entrambi l’occasione di cui hanno bisogno per scendere a patti con la realtà delle cose. “Per me, la storia riguarda in parte la possibilità di stabilire dei legami anche in un momento tragico, legami che non sarebbero mai nati in circostanze ordinarie”, spiega. “Jason intesse con Becca una relazione che all’inizio sembrerebbe impossibile. Ma forse è soltanto quella che può spingerli a vivere il presente e ad affrontare il futuro”.

Teller continua: “All’inizio Becca e Jason nemmeno sanno come muoversi nello stesso spazio insieme, sono molto a disagio, ma poi la situazione si allenta leggermente. Questo è importante per Becca, ma significa moltissimo anche per Jason. Inizia a capire che è ancora in grado di dare qualcosa agli altri.”
Affrontando come primo ruolo cinematografico un personaggio così emotivamente complesso e impegnativo, Teller dice di essersi ispirato al cast e alla troupe che gli erano accanto. “Anzitutto, John Cameron Mitchell è stato straordinario. Sa capire, sa quando dire quelle piccole cose che ti aiutano nell’interpretazione e quando non dire niente per lasciarti la massima libertà. Non c’è nulla di meccanico o di costruito con John”, dichiara. “Nicole e Aaron sono assolutamente straordinari come attori, ma sono due persone umili, deliziose e disponibili”.

Da subito Teller ha avuto la sensazione che sarebbe stata una produzione intensa, da quando ha fatto il suo ingresso nella scena in cui Jason va a casa dei Corbett per cercare Becca, ma invece si imbatte in Howie. “Nella mia vita non avevo mai visto nessuno arrabbiato come Aaron in quella scena”, ammette Teller. “Era così reale, mi ha fatto sentire così male. Ma poche ore dopo, sorridevo, perché ho capito che tutti stavano dando il 150% ed ero felice di poter assistere a tutto questo. Nicole e Aaron hanno alzato talmente tanto il livello, che mi hanno ispirato per raggiungere quella vetta”.

Altri attori che compongono il cast nei ruoli minori sono Sandra Oh (Sideways - In viaggio con Jack, Grey’s Anatomy), Jon Tenney (The Closer, e in uscita Green Lantern) e Giancarlo Esposito, noto al grande pubblico per il ruolo del trafficante di droga Gus Fring nella serie TV Breaking Bad.
Riassume Urdang: “Tutte le maestranze del film - cast e troupe - volevano raccontare questa storia per la stessa ragione: perché va dritta al cuore di un’esperienza umana universale e lo fa con rispetto, integrità e la giusta dose di umorismo”.


Un universo bello e alterato: La scenografia del film
Rabbit Hole è stato girato a New York, prevalentemente nella zona di Douglaston, nel Queens, un quartiere con strade in salita piene di curve e una pianta urbanistica irregolare, dove la produzione ha collocato la casa e i vicini dei Corbett per 28 intense giornate di riprese.
John Cameron Mitchell ha lavorato fianco a fianco con una squadra di artisti, capeggiati dal direttore della fotografia Frank G. DeMarco, che ha lavorato in tutti i film di Mitchell, dalla scenografa, Kalina Ivanov, vincitrice di un Emmy per il TV movie della HBO Grey Gardens e dalla costumista, il premio Oscar, Ann Roth (Il Paziente Inglese, The hours).
Mitchell ha lavorato a stretto contatto con DeMarco per girare con stile estremamente naturalistico, addirittura minimalista - mantenendo tuttavia uno sguardo leggermente obliquo - per creare un mondo perennemente in ombra, che per Becca e Howie non sarà mai più bello, luminoso e sexy come un anno prima, anche se i ricordi di quell’altra vita continuano ad aleggiare nella loro casa come fantasmi.

Per Saari è stato colpito dalla capacità artistica della troupe. “Nonostante un budget limitato, abbiamo lavorato con molti collaboratori esperti e di talento, tra cui Ann Roth, Kalina Ivanov e la nostra preziosissima produttrice di linea, Caroline Jaczko. Quasi tutti coloro che hanno partecipato al progetto l’hanno fatto perché adoravano la sceneggiatura e volevano farne parte. Il budget era ridotto, ma non ho mai avuto la sensazione che la visione di John o l’integrità del film ne fossero compromessi.”
Dice Mitchell della sua troupe: “Il senso visivo di Frank per me è indispensabile, Kalina è una scenografa dal talento straordinario e Ann è ovviamente una leggenda, che ha portato nella produzione una straordinaria esperienza, umorismo e ispirazione. E’ stato un onore lavorare con tutti loro.”

Quella della Ivanov era una sfida particolarmente delicata, ricreare la casa dei Corbett come il testamento vivo e palpitante di un’intensa vita familiare che viene improvvisamente fermata. Dice di essere stata attratta subito dalla sceneggiatura. “Mi chiamò il mio agente e mi disse: “Devi leggere la sceneggiatura, è la cosa più bella che abbia letto da anni” E dopo averla letta, concordai. Sembra un soggetto scabroso, ma è reso con una tale poesia, umorismo, capacità di sorprendere che mi ha subito conquistata. Ero a Providence quando la lessi e salii sul primo treno per incontrare John e discuterne.”
Le loro conversazioni hanno fatto riflettere profondamente la Ivanov su come dovesse essere la casa ideale dei Corbett. “Concordammo che la casa doveva portare lo stesso fardello emotivo della storia”, spiega. “Doveva sia catturare come erano state le loro vite prima dell’incidente, ma anche incarnare la vita interiore di Becca e Howie. Sotto molti aspetti la casa è diventata un terzo elemento della coppia che fornisce al pubblico degli indizi su come era la famiglia”.

Cercando la giusta location per la casa, la Ivanov ha seguito dei criteri precisi: “Cercavo qualcosa di autentico, un posto che fosse emotivo e reale, che fosse interessante da guardare, senza ostentazione”.
Continua: “Immaginavo i Corbett come quel tipo di persone che fanno da sé i lavori di ristrutturazione di una casa e volevo che questo si percepisse. Ed era anche importante che emanasse felicità, quindi doveva essere piena di luce, una luce che fluisse in ogni ambiente. Credo che ogni casa abbia uno spirito e io stavo cercando quello giusto.”

Dopo aver visitato una cinquantina di case, i Corbett sono approdati a una casa realmente abitata da una giovane famiglia, che esprime la giusta atmosfera. Al momento di decorare e arredare la casa, compresa la stanza del piccolo Danny rimasta inalterata, la scenografa ha voluto che si percepisse che i Corbett l’avevano ristrutturata da soli.
A volte le situazioni erano fin troppo reali. “Quando i Corbett mettono in vendita la casa, abbiamo affisso un cartello “VENDESI” e improvvisamente sono accorse persone da tutto il quartiere per visitarla, come se fosse in vendita veramente!”, dice ridendo. “I vicini sapevano che stavamo girando un film, ma quasi tutto quello che facevamo sembrava così reale che anche la comunità ne ha fatto parte”.

Mitchell ha anche ingaggiato un disegnatore e autore di fumetti, Dash Shaw, creatore di romanzi a fumetti molto fantasiosi, come Love Eats Brains: a Zombie Romance, per dare vita al fumetto di fantascienza scritto da Jason. “Sono rimasto colpito dal suo lavoro, è venato da un umorismo scarno”, dichiara Mitchell. “Dash doveva cercare di dare vita allo stile di Jason e ha trovato il perfetto equilibrio tra qualcosa che sembrasse la creazione di uno studente delle superiori, ma che avesse al contempo forte impatto visivo e carattere.”
Dai fumetti di Shaw, alla sobria colonna sonora di Anton Sanko, alle interpretazioni, che sono l’elemento centrale di Rabbit Hole, tutto è volto a dare vita alla realtà dei Corbett. “Non c’è stato un giorno sul set in cui la gente non si fermasse davanti ai monitor a ridere, a piangere o semplicemente ad ammirare il lavoro degli attori”, ricorda Urdang. “E’ stata un’esperienza emotiva dall’inizio alla fine”.


La maledizione dei Kennedy e il Multiverso
Nell’adattamento di Rabbit Hole i dialoghi del film si avventurano in un territorio non convenzionale, della cultura pop. Una delle scene più umoristicamente crude del film è quando Nat, cercando degli esempi di persone che provano a dare senso a quello che un senso non lo ha, tira fuori la cosiddetta “Maledizione dei Kennedy”, lasciando la famiglia interdetta con la sua uscita esuberante e fuori luogo.

“La teoria della maledizione dei Kennedy” è nata a seguito della catena apparentemente interminabile di tragedie pubbliche che hanno colpito una delle famiglie più famose d’America. Anche dopo la morte in guerra del primogenito e i due atroci assassini politici (il Presidente John F. Kennedy e il candidato presidenziale Robert F. Kennedy), gli altri membri della famiglia sono stati colpiti da una lunga serie di incidenti aerei, guai personali e scandali politici.
La ricerca di una ragione ha fatto nascere una serie di apocrifi storici, compreso quello che un profugo ebreo, abbandonato da Joseph Kennedy durante la II Guerra Mondiale, avrebbe scagliato una maledizione che avrebbe determinato i loro tragici destini. Ma l’argomentazione di Nat è che potrebbe trattarsi semplicemente di un caso “di gente ricca che agisce stupidamente”.

Rabbit Hole prende un’altra insolita direzione quando Jason osa mostrare a Becca il suo fumetto non ancora finito, che parla del “multiverso”, il concetto che porta alle estreme conseguenze alcuni postulati della fisica teoretica in base ai quali potrebbero esistere infiniti universi paralleli, ma che noi siamo coscienti soltanto di quello in cui viviamo al momento. In un vero multiverso, le versioni alternative di noi stessi starebbero vivendo altre esistenze con sviluppi completamente diversi nei mondi paralleli. Diversamente dalla “Maledizione dei Kennedy”, Becca trova la teoria del multiverso stranamente consolatoria e piena di speranza.

Forse da qualche parte potrebbe esserci un mondo dove Becca e Howie non avrebbero mai sofferto quel lutto? La sceneggiatura di Lindsay-Abaire non si lascia coinvolgere dalla spirale contorta di ipotesi da fantascienza che affascina Jason, ma rivela come la mera, minima possibilità di un’altra vita più felice dia a Becca uno slancio essenziale.
Per Nicole Kidman i dialoghi poliedrici e versatili e le trovate divertenti di Rabbit Hole sono una delle caratteristiche che rendono la storia fruibile, onesta e di forte impatto. Riassume con queste parole: “Credo che Rabbit Hole attirerà il pubblico perché è divertente, vero e le famiglie sono esattamente così”.

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