Il dittatore di Larry Charles

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locandina Il dittatore
 
Regista: Larry Charles
Titolo originale: The Dictator
Durata:
Genere: Commedia
Nazione: U.S.A.
Rapporto:

Anno: 2012
Uscita prevista: 15 Giugno 2012 (cinema)

Attori: Sacha Baron Cohen, Megan Fox, Anna Faris, Ben Kingsley, John C. Reilly, Kevin Corrigan, Jason Mantzoukas, J.B. Smoove, B.J. Novak, Olivia Dudley
Sceneggiatura: Sacha Baron Cohen, Alec Berg, David Mandel, Jeff Schaffer

Trama, Giudizi ed Opinioni per Il dittatore (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
 
Fotografia: Lawrence Sher
Montaggio: Greg Hayden, Eric Kissack
Musiche: Erran Baron Cohen
Scenografia: Victor Kempster
Costumi: Jeffrey Kurland

Produttore: Sacha Baron Cohen,Alec Berg,David Mandel,Jeff Schaffer,Todd Schulman, Anthony Hines, Scott Rudin
Produttore esecutivo: Mari Jo Winkler-Ioffreda,Adam McKay,Peter Baynham,Dan Mazer
Produzione: Four by Two Films
Distribuzione: Universal Pictures Italia

La recensione di Dr. Film. di Il dittatore
A parte le volgarità (peccato: ci sono moltissimi spunti divertenti anche senza, SBC avrebbe potuto tenersi un po' di +), non è niente affatto male, anzi il discorso finale del dittatore dovrebbe far assai riflettere.

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Colonna sonora / Soundtrack di Il dittatore
Potrebbe essere disponibile sotto, nei dati aggiuntivi (clic qui).

Voci / Doppiatori italiani:
Pino Insegno: Amm.gen. Aladeen / Efawadh
Stefano De Sando: Tamir
Roberto Gammino: Nadal
Ilaria Latini: Zoey
Francesco Pannofino: Clayton
Alessandro Rossi: Giornalista
Massimo De Ambrosis: Inviato
Tiziana Avarista: Inviata
Pasquale Anselmo: Cameriere
Francesca Guadagno: Moglie
Stefano Thermes: Marito
Alessia Amendola: Megan Fox
Luigi Ferraro: Mr. Lao

Personaggi:
Sacha Baron Cohen: Amm.gen. Aladeen / Efawadh
Ben Kingsley: Tamir
Jason Mantzoukas: Nadal
Anna Faris: Zoey
John C. Reilly: Clayton
Chris Elliott: Sig. Ogden
Adeel Akhtar: Maroush
Sayed Badreya: Omar
Chris Parnell: Giornalista
Fred Armisen: Cameriere
Kathryn Hahn: Moglie
Seth Morris: Marito
Megan Fox: Megan Fox
Bobby Lee: Mr. Lao

Informazioni e curiosità su Il dittatore


Note dalla produzione:
Informazioni di Produzione
BENVENUTI A WADIYA
La nazione nord africana di Wadiya ha le potenzialità per essere la prossima Dubai… se non fosse per la povertà schiacciante, la mancanza di raffinatezza e l’uomo che regna dall’alto del suo trono ereditato, il Generale Haffaz Aladeen. “Ha perso la sua legittimità a governare”, ha detto il presidente degli Stati Uniti nel suo discorso alle Nazioni Unite, mettendo a verbale la sua dichiarazione, “Deve dimettersi”.
Sul punto di essere ufficialmente sanzionato dalle Nazioni Unite, il Generale ha annunciato il suo primo viaggio negli Stati Uniti per rispondere alle calunnie e agli insulti che gli vengono rivolti.

“È scandaloso chiamarmi dittatore. Io sono l’indemocraticamente Leader eletto dalla mia gente. In realtà il mio titolo completo è Ammiraglio Generale Aladeen, Supremo Leader, Oculista Capo, Invincibile, Tutto Trionfante, Amato Oppressore della gente di Wadiya… e Ottimo Nuotatore, anche a farfalla. Ho 118 dottorati di ricerca, e un diploma in abbronzatura spray dal Qatar Community College”.
Premiato scrittore/attore/filmmaker, Sacha Baron Cohen ha avuto una vita piena di scontri culturali. Sia nel ruolo del rapper giamaicano/britannico, conduttore di talk-show, che nei panni dell’ingenuo reporter televisivo kazako, o in quelli dell’orgoglioso fashionista austriaco, Baron Cohen è capace di fare umorismo e satira su tutto, attraverso collisioni tra personaggi che spesso hanno punti di vista, e stili di vita, totalmente differenti. La sua stupenda e meritatamente popolare serie televisiva britannica è stata il suo lasciapassare verso il cinema britannico. Il suo seguente e inarrestabile passo ad Hollywood è avvenuto in un film, del regista Larry Charles, che già aveva collaborato con Baron Cohen nella stesura del progetto (e ora, ancora una volta, ne “Il Dittatore”).

Larry Charles commenta, “Quando abbiamo realizzato “Bru'no”, eravamo scioccati, perché abbiamo pensato, che dopo “Borat”, non avremmo potuto farla franca di nuovo. E poi abbiamo messo Sacha negli abiti, nel trucco e nel look di Brüno, siamo andati in giro per Los Angeles con lui, e continuavamo a pensare che ci avrebbero fatto fuori in due secondi. Ma in generale, nessuno lo riconobbe. Sembrava così diverso e immerso nel personaggio, e c’è una componente psicologica in tutto questo, estrememente affascinante. È come quando delle persone sono testimoni oculari di un crimine, e poi si scopre che tutto quello che hanno visto, non è effettivamente quello che è successo. La gente non osserva le cose così bene quanto si potrebbe pensare. E quando qualcuno, come Brüno, è a passeggio per la città, le persone non tendono a guardarlo negli occhi, non vogliono arrivare a vederlo così da vicino. Così, approfittando di questo, abbiamo inserito Brüno in diverse situazioni, senza che nessuno ci abbia mai scoperto”.

Il co-protagonista, Jason Mantzoukas ricorda l’effetto che “Da Ali G Show” ha avuto su di lui e i suoi amici: “un mio amico mi inviò lo show dalla Gran Bretagna, e mi disse che dovevamo assolutamente vederlo… ne diventammo ossessionati. Era l’idea del momento, abbastanza nuova e sorprendente, interpretare un personaggio di fantasia nella vita reale, nel mondo reale. Era divertente per noi, andare dietro quei politici attraverso Ali G. Continuavo a pensare quanto fosse incredibile. E in seguito Sacha, ha iniziato a realizzare tutto ciò, su una scala sempre maggiore. È davvero evidente quanto l’essere di Sacha Baron Cohen sia continuamente impegnato nella costruzione del personaggio”.
Entrare nel personaggio del Generale Aladeen, comunque, doveva rappresentare un’esperienza diversa, e il mondo ‘reale’ doveva essere sostituito con il fac-simile di un mondo, reale e sceneggiato, comunque, appena fuori dei confini di questa fittizia nazione nord africana.
La storia dietro al film e al personaggio ha davvero dell’incredibile, il progetto “Il Dittatore” è iniziato mesi prima che le prime manifestazioni in Medio Oriente dessero inizio a quello che il mondo ha poi conosciuto come, ‘Primavera Araba’.

Larry Charles afferma, “Questo film è iniziato più di due anni fa. Il fatto che la ‘Primavera Araba’ sia esplosa proprio mentre stavamo realizzando il film, ci ha davvero toccato da vicino, soprattutto riguardo le locations e la programmazione delle riprese. Ma volevamo concludere il progetto, seppur guardando i notiziari pensavamo quanto fosse inquietante”.
Come sempre per Baron Cohen, il personaggio ha anche bisogno di essere fondato sulla realtà. Durante le prime fasi di sviluppo, il Generale Aladeen (Baron Cohen in costume) è stato collocato in diverse situazioni, in interviste con persone inconsapevoli dell’inganno, e il tutto è stato registrato. Larry Charles dice, “Ancora una volta, siamo riusciti a farla franca. Un’altra occasione per Sacha di recitare ed interagire spontaneamente attraverso l’improvvisazione. Ma sapevamo che se fossimo andati solo in quella direzione, avremmo ottenuto un risultato irrealistico, avevamo troppe storie, troppi personaggi e troppi aspetti da riparare, e allora abbiamo provato in un altro senso, sempre mantenendo inalterato il vantaggio che deriva, come negli altri progetti, dall’improvvisazione”.

Le differenze di questo progetto hanno intrigato sia Baron Cohen che il regista. Ancora Charles: “Ci sono moltissimi livelli in questo progetto. C’è il livello politico, che parla dei tempi moderni, della politica reale del mondo, da un punto di vista estremamente unico. E lo usiamo per mettere in discussione le ipotesi di base della nostra società, con domande semplici come, Che cos’è la democrazia? Cos’è un paese? Quando le grandi nazioni sono dominate da corporazioni, lobby e influenze del genere. Cosa significano allora i confini delle nostre nazioni? C’è un America? O l’America è soltanto un marchio? La democrazia è solo una parola? Cosa significa realmente la parola ‘Dittatura’?
Qual’è il miglior sistema per la gente? E quale sistema lavora meglio? C’è sofferenza in tutti i sistemi politici, così noi esaminiamo come i media coprono queste storie, questi temi e questi problemi. In questo modo e con questo approccio siamo riusciti ad affrontare tutti questi temi in modo intenzionale, stratificando la storia e rendendola come una commedia. Crediamo sia divertente tanto quanto gli altri film, se non di più”.

“Larry Charles è un ragazzo che cammina sul filo del rasoio”, dice l’attore, premio Oscar®, Sir Ben Kingsley, “perché ogni grande commedia deve avere un grande gusto. Si debbono avere uomini dal grande gusto e dalla indubbia intelligenza sul set, per poter spingere gli eventi nel modo desiderato: sapere quando fermarsi, quando spingere di più. Larry e Sacha sono dei generali molto bravi”.
Tra le tante accuse rivolte ad Aladeen ci sono quelle di ostilità nei confronti delle nazioni vicine. “Io non sono ostile. Il mio paese esiste da oltre sette milioni di anni, da quando i dinosauri sono stati spazzati via dai sionisti. E durante tutto questo tempo non abbiamo mai attaccato altra nazione, a meno che non si trattasse di una vera emergenza o fossimo davvero annoiati. Ma chi se ne importa del passato? Questo è il futuro”, sibila attraverso i suoi occhiali da sole Versace.

Quando si sono dovuti assegnare i ruoli intorno ad Aladeen, il mandato era chiaro, per il regista Charles: “Volevo che le dinamiche tra il personaggio di Sacha e tutti gli altri personaggi, fossero simili a quelle innescate tra Borat, o Brüno, e le persone. Per questo avevo bisogno di attori, che alla fine, fossero spontanei e pronti all’improvvisazione, che fossero in grado di innalzare il livello della sceneggiatura, per dare lo stesso tipo di sentimento anche in questo progetto”. Molti attori, quando sotto pressione, sono disposti ad ammettere i loro punti di forza (o la mancanza di essi) nelle improvvisazioni. La vasta esperienza di Charles in questo tipo di commedia (“Curb Your Enthusiasm”) gli ha permesso una più ampia comprensione della metodologia, e per questo ha voluto collaborare con la stessa squadra di entrambi i precedenti film. Hanno trovato questa loro scelta, tutt’altro che limitante. Osserva: “c’è una piscina enorme, piena di talenti diversi, incredibilmente eclettici, con una spiccata propensione all’improvvisazione, alcuni addirittura, prosperano in questo ambiente. Ci è davvero piaciuto il lavoro svolto da Anna Faris, e per questo la volevamo nel film”.
Sulla carta, il ruolo di Zoey non è né glamour, né apertamente comico.

“Sapevamo”, continua il regista, “che avevamo bisogno di qualcuno che mantenesse la storia con ‘i piedi per terra’, e tracciasse la commedia quotidiana della vita reale. Anna è un’artista senza paura. Ha un’immagine e, ciò nonostante, era pronta ad abbandonare quell’immagine. Ha interpretato un ritratto genuino, e penso che doni molto cuore ed emozioni al film, e penso si sia realmente connessa agli eventi che accadevano. È stata incredibile, era come se fosse la ‘zavorra’ del film”.
Faris era più che disposta a virare dallo script, ogni volta che si presentava un’occasione. Lei nota, “abbiamo fatto moltissima improvvisazione, c’era uno script, e direi che lo abbiamo seguito per il 10%. Avevamo gli sceneggiatori dietro i monitors, che ci davano le battute per tutto il tempo, idee, barzellette. E Sacha è un genio dell’improvvisazione, per questo, la sfida per un attore che si trova in queste scene, è riuscire a restare in punta di piedi. Bisogna saltare nella scena ed essere in grado di recitare con gli altri. Tutto questo è stato davvero molto gratificante”.

Il suo approccio a Zoey: “lei non è una ragazza che si preoccupa dell’estetica, mi piace molto il suo punto di vista in questo film. Si sente indipendente e certamente non inutile, e tutto ciò è divertente. Anche i peli sotto l’ascella sono realmente miei. Li ho lasciati crescere per tre mesi e mezzo e non voglio che si dica che sono falsi!
“Serviamo al pubblico”, continua Faris, “uno sguardo al modo in cui i politici si erano già rapportati con il ‘Da Ali G Show’, o come ogni altra persona si sia relazionata con Borat. A tal fine, mi è stato permesso di improvvisare come volevo, c’era una sorta di libertà a tutto tondo. Ci sono stati momenti di estrema genialità, non da parte mia comunque! Ma c’erano anche altri momenti in cui pensavo, ‘Humm, non sono sicura che lavorerò ancora a questo film’. Il mio personaggio, come altri personaggi del film, dimostra la sua forza nel reagire alla follia di Sacha, e questo è molto importante”.

Nessuno, al di fuori di uno stato totalitario (dove letteralmente una nazione e la sua gente, guardano dall’altra parte ogni volta che il loro Leader fa qualcosa di ridicolo… come organizzare le proprie Olimpiadi), scambierebbe il comportamento sbagliato di Aladeen per squilibrio mentale. “Non sono pazzo. Guardatemi. Sono pazzo? Vi sembro pazzo? No, non lo sono. In realtà credo di essere uno dei dittatori più simpatici. Sapete che sono stato eletto Dittatore più simpatico in Medio Oriente per due anni consecutivi. Ma io non sono pazzo. Cosa debbo fare se questo è da pazzi?”
Per il personaggio dello Zio Tamir, i filmmakers hanno guardato oltre i tradizionali attori comici. “Volevamo un peso massimo”, confessa Charles, “qualcuno che fosse associato ai grandi drammi e all’intensa recitazione. Sacha ed io abbiamo sempre pensato, ‘Quanto sarebbe meraviglioso dare a Sir Ben Kingsley il personaggio?’”

Kingsley e Baron Cohen si erano già incontrati in precedenza (“Abbiamo avuto scambi”, “Amo il tuo lavoro”, “Amo le tue scarpe”, “E questo genere di cose”, scherza Sir Ben). Poi, i due hanno collaborato nell’opera di Martin Scorsese, “Hugo Cabret”, approfondendo così il rispetto reciproco che provavano l’un per l’altro. Baron Cohen, Charles e Kingsley si incontrarono più tardi a New York per discutere il nuovo progetto, e trovarono una connessione tremenda tra di loro. Abbiamo parlato del film, e della vita in generale. Se si osservano i differenti personaggi che ci ha donato attraverso gli anni, si scorge la sua capacità di poter fare, virtualmente, qualsiasi cosa. Ma quello che a noi interessava davvero di lui, era che non doveva cercare di essere divertente, ma al contrario serioso, e questo sarebbe risultato davvero divertente. Lui ha abbracciato convinto il progetto”, racconta Charles.

Sir Ben Kingsley afferma, “Vorrei tranquillizzare il pubblico che nessun civile è stato leso nella realizzazione di questo film. Nessuna capra e nessun civile. Abbiamo avuto l’opportunità di avere un cast di attori spettacolare, tutti professionisti. Tutto è stato sceneggiato, provato e realizzato, e questo necessitava di un equipaggiamento forse 20, 30 o 40 volte più grande delle squadre che son servite in precedenza, per allestire i suoi raid. Tutto ciò che ne è scaturito è eccitante e altrettanto impegnativo, quanto gli altri progetti, ma in modo differente”.
Anche per uno dei migliori attori drammatici del cinema, essere faccia a faccia con Baron Cohen ha rappresentato qualche difficoltà. Kingsley attesta, “L’ovvia sfida per me, a lavoro con Sacha, era cercare di non essere divertente. Non permettere al suo stupendo senso dell’umorismo di contagiarmi, dovevo essere di pietra. Io sono l’uomo retto, ma dovevo essere comunque attento al ritmo comico. È come giocare del grande tennis, io ripasso, con un dritto, la palla a Sacha, che a questo punto può ripassarmela nel suo modo pazzo, e io gli la rimando con un dritto. È proprio da questo contrasto, che speriamo, fuoriesca la dinamica del loro rapporto comico”.

Jason Mantzoukas ha trovato lo stare sul set di un film di Sacha Baron Cohen quasi intimidatorio, come entrare in una squadra dove tutti si conoscono già a vicenda. Ma ha anche trovato estrema gratificazione da ciò. Lui dice, “C’era una sorta di spirito d’appartenenza in quel gruppo di persone che già avevano collaborato insieme altre volte, e quelle dinamiche funzionavano davvero e resero il mio lavoro sul set molto divertente. Ovviamente, c’era un copione, ed era molto divertente. Ma poi, c’era un altro documento, un copione con battute alternative. E abbiamo esplorato anche quest’altro. Inoltre gli sceneggiatori avevano anche altre opzioni possibili. Oppure succedeva che Sacha, all’improvviso avesse un’idea, anche nel bel mezzo di una ripresa, e si andava con quella. É stato bello far parte di un ambiente in cui le idee potevano venire da chiunque e da qualunque cosa, e siamo stati tutti spronati nel provare questo approccio”.
“La persona per cui mi dispiace di più”, ammette Mantzoukas, “è stato il supervisore al copione. Non so come sia riuscita ad affrontare tutto questo. A volte, abbiamo fatto anche 20 minuti di riprese”.


CERCANDO E FILMANDO NEL MONDO DI ALADEEN
Il fiammeggiante arrivo del Leader negli Stati Uniti è in linea con il suo immenso ego, con una parata lunguo la Fifth Avenue in groppa ad un cammello, mentre protestanti si affiancano al suo percorso. “Amo l’America. È un posto meraviglioso. Morte all’Occidente. Ci sono così tante persone qui che mi amano. Sapete, fuori dell’hotel ci sono molti supporters con cartelli con scritto… Aladeen, Aladeen! Non capisco cosa reciti il resto delle scritte, ma il mio Primo Ministro mi dice che sono estremamente lusinghieri”.
Fa una pausa, poi continua, “A Wadiya, non ci sono dissidenti. I sondaggi dicono che il 112% della popolazione mi adora, e il 14% è indifferente. Non ci sono dissidenti, ne manifestanti nel mio paese. Sono tutti gruppi di terroristi stranieri”.
La produzione de “Il Dittatore” è iniziata a Brooklyn, New York, nel giugno del 2011. Nei seguenti tre mesi la squadra ha visitato quattro dei cinque distretti di New York, girando a Manhattan, Brooklyn, Queens e Staten Island. Il compito di trovare le varie locations è spettato allo scenografo Victor Kempster e al location manager, Kip Myers.

Dice Myers, “questo film aveva moltissime locations già stabilite dalla sceneggiatura: le Nazioni Unite, lo zoo, Fifth Avenue. Ma l’idea di creare Wadiya a New York si è rivelato essere un vero rompicapo”.
Ricorda Kempster, “Quando ho incontrato Sacha, avevo visto soltanto “Brüno”, che reputavo divertente, un atto perverso di provocazione vera. Ho pensato che il suo stare nel personaggio per oltre 16 ore, tirando fuori e analizzando ogni aspetto di possibile interazione, fosse davvero incredibile. Alla riunione, siamo stati molto cauti riguardo il copione. Questo era il primo film narrativo per Sacha, e possiede una satira politica meravigliosa. E io ero stupito dalla tempistica perfetta. Si parla di un dittatore nord-africano, e intanto, il nord-Africa e il Medio Oriente stavano attraversando un periodo davvero esplosivo. Ho pensato che Sacha fosse davvero un veggente per realizzare una cosa tanto attuale quanto ben fatta”.

“Anche il tono del film era davvero interessante, in quanto è satira politica che si nutre di tutte le abilità comiche di Sacha”, continua lo scenografo. “Ma c’è anche una bella storia al suo interno, un modo elegante per renderla una commedia. In un certo senso, è come se ci fosse una storia dal fascino d’altri tempi, ciò nonostante moderna. Si ha questo personaggio completamente pazzo, il cui rapporto con il mondo reale non ha nessun senso. È narcisista e molto bizzarro. Arrivato a New York, si confronterà con un mondo totalmente sconosciuto”.
Nel fare ricerche per il film, Kempster ha viaggiato in Marocco e negli Emirati, per farsi un’idea di come un tale uomo sarebbe realmente vissuto. Così, la produzione si è anche ispirata a personaggi come il libico Gheddafi, “un genio in fatto di abbigliamento, una strana combinazione tra rude e dandy”, dalla vita cosi scandalosa.

Kempster sottolinea, “Abbiamo guardato l’architettura degli Emirati, e abbiamo osservato tutte le novità che ci sono, e il modo quasi rapace con cui stanno costruendo nuovi e competitivi progetti architettonici. Più grandi di qualsiasi cosa, migliori di tutti, assumono i migliori architetti del mondo. Ciò che rende davvero affascinanti questi Leader è la combinazione tra l’oltraggioso e scelte molto particolari… come il loro ripetuto uso di opere d’arte che li ritraggono in diverse situazioni”.
Sia Baron Cohen che lo scenografo hanno esaminato aspetti diversi della vita di un dittatore, anche attraverso il libro “Dictator Style”… le scelte artistiche, piuttosto audaci, dimostrate nella collezione di Saddam Hussein. Kempster: “Lo stile delle opere d’arte è di fantasia. Nude e affascinanti bellezze, molto ben dotate. Tigri volanti in un luogo dove le città fluttuano tra le nuvole”.

Il Supremo Leader non è timido quando si tratta di giudicare lo stile (o la mancanza di esso) degli ‘altri leader’: “il modo in cui si veste Ahmadinejad è estremamente imbarazzante per i dittatori. Sembra una spia di “Miami Vice”. Voglio dire, perché non indossa mai una cravatta? È forse sempre venerdì casual in Iran? What the F**K? (WTF?)”.
Per il palazzo di Aladeen, tre locations sono state unite in una; la sua camera da letto è diventata uno dei set più magnifici, ed era realmente una delle superbe stanze della Villard Mansion (oggi Helmsley Palace Hotel). Per il costumista Jeffrey Kurland, “Aladeen è una sorta di ragazzo/bambino, con una forte sessualità adolescenziale. Questo è parte del fascino con cui Sacha lo ha interpretato. È davvero come un bambino cresciuto e la sua idea di rapporto sessuale è assolutamente stupida, al limite dell’impossibile; per questo è anche molto divertente”.

Come già accaduto in precedenza, Baron Cohen non è stato solamente interprete del film, anche in questo progetto ci son stati momenti in cui l’attore ha ceduto il passo allo scrittore/produttore. Larry Charles illustra: “in Borat, ci svegliavamo al mattino e ci incontravamo nella lobby, e lui era già Borat.
Sarebbe potuto rimanere Borat anche tutto il giorno. Quando affrontavamo argomenti e discussioni, lui parlava come Borat. Non avevamo mai una seconda ripresa con Borat o Brüno, così, comunque sarebbe venuta la scena ci saremmo dovuti accontentare. Con “Il Dittatore”, potevamo tagliare, montare, parlare per
aggiustare delle cose, e quindi non era pratico per lui restare tutto il giorno nei panni del personaggio. Ma avevamo i nostri piccoli trucchi per farlo immergere nel personaggio appena davanti la camera. Così, anche dopo una grande discussione su una scena, risultava davvero in grado di rimanere nel
personaggio e in quella mentalità, persino senza l’uso della voce, è ancora lì”.

Dove può trovare, un dittatore, un impianto nucleare dismesso quando ne ha bisogno? Beh, che dire di East Shoreham, New York, a Long Island? Lo Shoreham Nuclear Power era un impianto nucleare adiacente il Wading River a East Shoreham, New York. Dismesso in seguito alle proteste del 1989, e dopo aver generato solo una piccola quantità di energia elettrica durante i test, è inutilizzato da oltre 20 anni.
Ricorda Kip Myers, “Abbiamo cercato ovunque questa location. Abbiamo visitato enormi capannoni vuoti e hangar aerei, oltre a cantine di New York con enormi tubi, ma Victor era convinto che questa location dovesse essere molto grande. Alla fine ci siamo imbattuti nella Shoreham Nuclear Power Plant.”
Ripetuti test effettuati con un contatore Geiger hanno confermato un ambiente completamente sicuro, ma alcuni erano comunque nervosi durante la prima visita della location. Nervosismo che ha subito lasciato spazio all’entusiasmo per avere avuto a disposizione una location così perfetta per la storia.

La produzione ha occupato la sala di controllo della struttura e ha costruito un gigantesco set, stile “Dr. No”, basato su una stanza iraniana di un simile impianto.
L’entrata all’impianto è stato girata in una piccola fattoria in Spagna, in modo che l’impianto stesso sembrasse un rudere abbandonato nel bel mezzo del deserto. Aladeen cammina attraverso mucche e donne lavandaie, passa attraverso una porta molto tecnologica, e si ritrova nell’impianto nucleare. Più tardi, il suo ritorno alla centrale mostrerà un generale peggioramento nella struttura, con le mucche fisicamente entrate a ruminare nella centrale.
Per quella scena, 24 mucche, tra Holsteins e Cardenas, sono state portate dalla Pennsylvania e trasportate fino al set, al quarto piano, attraverso un nuovo e moderno ascensore (quello originale della struttura non funzionava più), dove le comparse animali si aggiravano per la stanza (ricoperta di moquette e coperta di fieno).

Dai bovini, alla grande città… una delle scene più complicate da girare, non è avvenuta in una fattoria o in una centrale nucleare, ma per le strade di New York. Secondo il copione, l’entrata di Aladeen nella Grande Mela doveva avvenire attraverso una parata sulla Fifth Avenue. La programmazione delle riprese estive de “Il Dittatore” venne confrontata con i vari eventi estivi e le parate che spesso avvengono in città. La produzione ha dovuto prenotare una data velocemente per assicurarsi il permesso a girare.
“Abbiamo chiuso la Fifth Avenue dalla 53ma Strada fino alla 57ma Strada, e abbiamo dovuto re-indirizzare il traffico dalle 6:00 alle 10:00 del mattino. Abbiamo avuto un solo giorno di giugno per farlo, una sola chance, perché ci sono molte parate a New York durante l’estate. Grazie al cielo è stata una splendida giornata di sole”, ricorda Kempster.

La produzione, non solo ha dovuto chiedere un permesso alla polizia, ma anche al dipartimento della salute, visto che Aladeen (e i suoi bagagli) viaggiano sulla Fifth Avenue in groppa a dei cammelli. I permessi sono stati emessi grazie al Rockefeller Center e all’uso che fa degli animali durante la rappresentazione annuale natalizia della mangiatoia (nuove leggi sono entrate in vigore, dopo aver finito di girare, secondo cui nessuna creatura sarebbe più stata ammessa in una scena, per questo i cammelli de “Il Dittatore” hanno fatto appena in tempo a vedere New York). I cammelli erano in buona compagnia, marciando accanto ad una vera limousine presidenziale e quattro Lamborghini Murciélagos personalizzate.
Una volta terminata la scena sulla Fifth Avenue, la compagnia si sposta al Roosevelt Hotel, chiamato Il Lancaster nella storia, il primo luogo visitato da Aladeen a New York. (Gli interni della sua sontuosa suite sono stati ricostruiti in un teatro di posa di Brooklyn, e prendeva quasi tutto lo spazio. L’esterno dell’hotel, la lobby e la sala da ballo invece compaiono nelle riprese).

Spiega Kempster: “Quando ero a fare ricerche in Marocco, c’era un hotel vicino, dove uno di questi “Re” stava per andare a soggiornare. Arrivò con un seguito enorme di persone. Quando viaggiano, cambiano ogni arredamento, appendono i loro ritratti e arazzi autocelebrativi, le mogli e le donne non vivono nello stesso spazio, così quando abbiamo disegnato la sua stanza d’hotel, abbiamo cercato di apportare un po’ di queste esperienze”.
Un importante risultato per la produzione è stato ottenere di poter girare e riprendere la dimostrazione anti-Aladeen fuori dalle Nazioni Unite. Nonostante avessero già ricevuto moltissime richieste per girare drammi all’interno o all’esterno della struttura, questa era la prima volta che la richiesta arrivava per
una commedia. Ma dato che uno dei punti nevralgici della storia riguarda la lotta di una nazione per ottenere la democrazia, l’ONU ha accettato.

Io sputo sulle Nazioni Unite. Perché dovrei stare ad ascoltare le Nazioni Unite? Sapete che mi hanno invitato a parlare? Sapete per quanto tempo mi hanno invitato a parlare? Sette minuti. Sapete cosa ho risposto? Parlerò per 14 ore, e qualcuna sarà davvero intraducibile…

Tali collisioni tra il ‘reale’ e il quasi ‘reale’ sono state avvertite da Sir Ben Kingsley. Egli sottolinea, “Credo che Sacha sia senza paura, come lo è stato Charlie Chaplin quando decise di girare “Il Grande Dittatore”, nel 1940.
Recentemente ne ho ricevuto un DVD e sono rimasto stupito dal fatto che sia stato realizzato in quel periodo. Prima dell’entrata in guerra degli Stati Uniti nel 1941, troviamo il protagonista intento a prendersi gioco non solo di Hitler, ma anche della Germania Nazista e dell’Italia fascista. È un film divertente e senza pietà, un grande pezzo di satira, pericolosamente attuale. Penso che Sacha e Chaplin abbiano molto in comune”.

Il set per il Collettivo Terra Libera di Zoey aveva bisogno di essere allestito in un negozio vuoto, e situato in un quartiere imperturbabile, per 15 giorni di riprese. La produzione ha ottenuto un grande risultato scoprendo un grande magazzino in disuso sulla 37ma West, con abbastanza spazio per i molteplici veicoli della produzione e un impatto quasi zero sui vicini e sui passanti.
Ma al piano di sopra mancava qualcosa, un luogo dove allestire il tetto come un orto, descritto nel copione, così per completare ciò ci siamo trasferiti in un’altra location. Il tetto del negozio sulla 37ma strada non sembrava il luogo ideale dove allestire un giardino. Così per la fattoria del Collettivo, la compagnia si è spostata a Brooklyn dove, sul corso dell’East River, con una vista stupenda dello skyline di Manhattan, si trova la Eagle Street Rooftop Farm, precisamente sul tetto di un magazzino a Greenpoint. Durante la stagione della crescita a New York, i contadini di Eagle Street forniscono cibi freschi ai ristoranti della zona, attraverso un programma agricolo culturale supportato dalla comunità.

Ancora più realtà è entrata nella produzione, al momento della scelta del luogo dove allestire la scena di Aladeen al ristorante, situato nella fittizia area di New York chiamata Little Wadiya. La produzione aveva anche scoperto una piccola area nel Queens conosciuta come Little Egypt, circa nello stesso momento dei disordini e delle recenti manifestazioni nel paese.
Come Baron Cohen e i filmmakers entravano e uscivano dai ristoranti, così gli impiegati dei ristoranti erano in sintonia con le notizie che giungevano dalla Libia e dall’Egitto, erano in grado di osservare in prima persona come ci si sente nell’attendere a lungo un cambiamento in qualche nazione dall’altra parte del mondo..

Altre locations a New York includono le scene girate presso l’Apple Store nell’Upper West Side; una società di stampaggio metalli a Brooklyn; l’Icahn Stadium sull’isola di Randall (dove Aladeen vince molte gare e molte medaglie); l’eliporto sulla West 30ma Strada; il Queensboro Bridge; l’Orsay Restaurant nell’Upper East Side; Times Square; l’ex chiesa battista, Mount Moriah Baptist Church, a Central Harlem (recentemente venduta per ricavarne una comunità culturale e un museo); e lo Zoo di Staten Island.
La realtà contingente ha inoltre portato la produzione verso scelte alternative, quando il panorama del Medio Oriente ha reso necessario un cambio nelle scelte programmate, e se all’inizio il Marocco doveva essere la location dove allestire Wadiya, dopo i recenti disordini la produzione ha deciso di girare quelle scene in parti differenti della Spagna.

Per Charles: “stavamo per andare a girare il nostro Medio Oriente in Marocco, ma il clima politico era troppo instabile. Questo credo rendesse l’intero progetto di estrema importanza attuale, ma era tutto molto rischioso. È bello essere un passo avanti rispetto gli eventi, ma non vorrei mai cadere due passi dopo. Gli eventi della Primavera Araba continuano tutt’oggi e non sembrano destinati a concludersi a breve”.
Alla fine delle riprese a New York, la produzione si è spostata a Siviglia, Spagna, dove la famosa Plaza de España è stata doppiata per gli esterni del palazzo di Aladeen a Wadiya. Disegnato da Aníbal González come parte di un più vasto piano di sviluppo urbanistico in occasione dell’esposizione Ibero-Americana, il Mudejar Pavilion, è stato il perno centrale dell’Expo Mondiale, Ibero-American, del 1929.

Dopo Siviglia, la compagnia ha levato le tende, alla volta dell’Isola di Fuerteventura, una delle Canarie spagnole, nell’Oceano Atlantico, al largo delle coste africane. Seconda isola più grande delle Canarie, Fuerteventura è stata dichiarata riserva della biosfera dall’UNESCO nel 2009. Sebbene sia considerata una meta turistica, la maggior parte dell’isola è costituita da grandi pianure, lava e montagne vulcaniche.
In un accenno a “Lawrence d'Arabia”, la produzione ha approfittato delle splendide dune di Corralejo per girare le scene in cui Aladeen cavalca Garrett, il suo potente stallone, attraverso il deserto di Jalabiya a Wadiya. (Garrett vanta anche ruoli da protagonista in film come “Oceano di fuoco - Hidalgo”, “Alexander” e “Scontro tra titani”). Gli esterni per lo stabilimento nucleare di Wadiya sono stati trovati appena fuori da Puerto del Rosario, e altre scene che coinvolgono delle capre (ci possono essere cosi tante scene che includono una mandria di capre?) sono state girate sulle montagne della regione di La Oliva, nella punta settentrionale dell’isola.


LASCIANDO WADIYA
Per il regista Larry Charles, la sua terza collaborazione con Sacha Baron Cohen gli ha fornito l’ennesima occasione per esplorare un particolare tipo di cinema. Dice Charles in chiusura, “la mia commedia preferita è sempre quella che riesce a lavorare su più livelli… Questo lo rintraccio anche tornando indietro con la memoria, quando ero un ragazzino e vedevo i cartoons della Warner Bros, come Bugs Bunny. Crescendo e diventando più sofisticato, ho capito che in quei cartoon esistevano riferimenti per ogni livello di adulto, spesso realizzati attraverso elementi che nessun bambino avrebbe mai potuto comprendere e proprio questo mi ha fatto venire voglia di capire di più. Più tardi ho rintracciato cose simili nello show del “Saturday Night Live”. Per questo sono felice per ogni persona che andrà a vedere questo film e riuscirà a coglierne il significato preferito. Il mio lavoro principale è quello di offrire il massimo al pubblico, per regalare un’esperienza il più intensa possibile, poi sta agli spettatori impegnarsi in qualcosa, qualunque cosa credano necessaria. Quindi sono aperto a tutte le esperienze che le persone avranno con questo film, fin tanto che il film faccia piacere”.

Qualunque sia il futuro di Wadiya e del suo Leader, Aladeen avrà sempre un posto nel suo cuore per i bei tempi passati. “Debbo dire, mi manca Kim Jong, e davvero moltissimo. Sapete, era un bravo ragazzo, è morto come è vissuto… Il ragazzo aveva fatto così tanto per il mondo, sapete. Ha diffuso la saggezza, la compassione e l’herpes in tutto il Sud Est Asiatico. Ma era vittima di bullismo ai raduni dell’Asse del Male. Anche Gheddafi era sempre a fargli scherzi. Una volta, Muammar ha preso il Blackberry di Jong e si è messo a spedire messagini d’amore ad Ahmadinejad, scrivendo che avrebbe voluto baciarlo e promettendo al popolo coreano che avrebbero ottenuto del cibo. Sapete, la Libia ha rischiato un attacco nucleare per questo”.

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