20 sigarette di Aureliano Amadei

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locandina 20 sigarette
 
Regista: Aureliano Amadei
Titolo originale: 20 sigarette
Durata: 94'
Genere: Drammatico
Nazione: Italia
Rapporto:

Anno: 2010
Uscita prevista: Venezia 2010,08 Settembre 2010 (cinema)

Attori: Carolina Crescentini, Vinicio Marchioni, Fabrice Scott, Giorgio Colangeli, Massimo Popolizio, Antonio Gerardi, Gisella Burinato, Luciano Virgilio, Orsetta De Rossi, Duccio Camerini, Edoardo Pesce, Alberto Basaluzzo
Soggetto: Francesco Trento, Volfango De Biasi, Aureliano Amadei
Sceneggiatura: Gianni Romoli, Francesco Trento, Volfango De Biasi, Aureliano Amadei

Trama, Giudizi ed Opinioni per 20 sigarette (clic qui)...In questa pagina non c'è nemmeno la trama per non fare spoiler in nessun caso.
 
Fotografia: Vittorio Omodei Zorini
Montaggio: Alessio Doglione
Musiche: Louis Siciliano
Costumi: Catia Dottori
Trucco: Simona Castaldi

Produttore: Tilde Corsi, Gianni Romoli, Claudio Bonivento
Produzione: Cinecittà
Distribuzione: Cinecittà Luce

La recensione di Dr. Film. di 20 sigarette
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Colonna sonora / Soundtrack di 20 sigarette
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Informazioni e curiosità su 20 sigarette

Una produzione R&C produzioni, In collaborazione con Raicinema, Con il contributo della Regione Lazio tramite Fi.la.S. Spa, Con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Con il supporto di Roma Lazio Film Commission'

Il film narra fatti effettivamente accaduti.

Note dalla produzione:
LA STORIA
Il film non vuole essere una cronaca oggettiva di quello che è successo a Nassirya nel 2003. È il racconto in soggettiva di quegli avvenimenti fatto da colui che li ha vissuti in prima persona. Caso abbastanza insolito di film diretto dalla stessa persona che è anche il personaggio storico protagonista della vicenda narrata, Venti sigarette è soprattutto il racconto di come un ragazzo come tanti si possa trovare all'improvviso e senza rendersene conto al centro della Storia con la S maiuscola e capire così che tutti noi, con le nostre scelte e la nostra vita quotidiana, siamo comunque responsabili e protagonisti della storia pubblica e politica del mondo in cui viviamo. Tutto questo raccontato con un punto di vista squisitamente interiore, antieroico, antiretorico, tutto raccolto intorno alla figura del giovane protagonista (alter ego dell'autore) che, nonostante la durezza delle cose narrate, vuole mantenere un registro leggero, a volte quasi disincantato, e aprire al contempo ad una molteplicità di riflessioni drammatiche e contenuti tragici, in maniera personale.

NOTE DI REGIA
Venti sigarette è il frutto di una lunga elaborazione dell'esperienza più atroce della mia vita, nel tentativo di trarne qualcosa di costruttivo. Una tale elaborazione comprende tutti gli aspetti dell' esistenza e mi spinge a raccontare, oltre all'attentato in sé, la persona che ero prima, la persona che sono ora, l'umanità che ho incontrato in questa avventura, i sentimenti. Sì, perché si tratta di un film di sentimenti, più che di guerra.

LA FAMIGLIA: la mia famiglia è un casino. Ex hippies che hanno finito per convogliare tutte le esperienze accumulate nei tanti viaggi in giro per il mondo, semplicemente in un amore per la bella vita. Da una famiglia così non può che nascere un figlio punk, ribelle, in polemica con la casa borghese e radical chic che lo ospita ancora a 28 anni. Generalmente, ho descritto le situazioni familiari come un'esplosione, con contrasti continui. I toni sono quelli della commedia, come a sottolineare che, spesso, i problemi che viviamo nel quotidiano ci sembrano enormi, fino a che non entriamo in contatto con problemi molto più seri. Questo emerge con forza quando, tornato a Roma, in ospedale, vedere i miei genitori ha significato la salvezza, il ritorno alla vita, provocando un'esplosione di pianto.

LA SOCIALITA': il mondo che vivevo a 28 anni è una sorta di adolescenza prolungata. Gli ideali sono molti e condivisi nel gruppo degli amici. Come in adolescenza, le certezze sono persino troppe, nonostante il precariato economico, professionale ed affettivo. Ognuno fa qualcosa che “fa fico”; c.è chi canta, chi fa le installazioni e chi fa politica. Io riprendevo tutto con la telecamera e montavo piccoli documentari e videoclip. Queste situazioni sono descritte come l'opposto della famiglia; nulla è serio, neanche il pericolo della guerra. Ma nel gioco dei ruoli io ero quello che non poteva rifiutarsi di partire, ero il “matto”.
Una volta passato attraverso il frullatore della vita e della morte, il gruppo diventa uno degli elementi di contrasto con cui misurare il proprio cambiamento e rappresenta, simbolicamente, l'autocritica.

L'AMORE: amore è un parolone. Almeno finché non sono stato costretto a scoprire l'amore per la vita. Nel 2003 una delle caratteristiche del mio ruolo era di essere un farfallone. Una fidanzata brasiliana che sta in Brasile e sta bene lì, un'amica speciale con cui fare “all'amicizia” e una continua instabilità. Come se non fossi capace di fermarmi ad apprezzare quello che avevo, alla continua ricerca di qualcosa di nuovo. Il fatto che la mia amica speciale sia ora la mia compagna di vita è una vittoria dei sentimenti sulla ragione, sulla propria considerazione di sé, sulla considerazione che gli altri hanno di noi. Questo è uno dei contenuti profondi del film: l'umanità va ben oltre il ruolo che uno si è ricavato nella società.

IL MONDO MILITARE: sono arrivato in Iraq con tutti i pregiudizi di chi è arrivato all'aeroporto militare direttamente dal centro sociale. A 18 anni mi sono finto gay per evitare la naja. Nel novembre del 2003 partecipavo all'organizzazione delle numerose manifestazioni per la pace che, in quel periodo, portavano in piazza milioni di persone. Oggi non rinnego nulla né del mio pacifismo né della mia avversità alle missioni militari all'estero ma, dopo aver visto morire dei ragazzi di vent.anni, dopo aver fatto amicizia con il Ten' Massimo Ficuciello, dopo essere stato salvato da un gruppo di civili iracheni, ho sentito fortemente sulla mia pelle che non basta dichiararsi contrario. Non è possibile schierarsi da una o dall'altra parte perché non è possibile auspicare la morte né degli uni né degli altri. Anche questa è una vittoria dell'umanità sul ruolo sociale. I militari che ho conosciuto io rappresentano un'umanità varia, fatta di fomentati guerrafondai come di persone curiose, aperte e oneste; di autoritari, di bugiardi, di simpatici e di anonimi. Credo di rendergli molto più onore descrivendoli così che semplicemente come eroi senza macchia e senza paura.

LA GUERRA: ho trascorso solo poche ore in Iraq, giusto il tempo di fumare un pacchetto di sigarette. Ma dell'attentato e dei minuti di terrore che ne sono seguiti ricordo ogni singolo fotogramma e ho scelto di non risparmiare nulla allo spettatore. Il tutto è girato in soggettiva, offrendo la possibilità di vivere quei minuti come li ho vissuti io: confusione, panico, ricerca di un nascondiglio, orrore per le ferite, per il sangue. E poi chiasso che sfonda i timpani, cadaveri, fiamme, colpi di mitra ed esplosioni. Il terrore che spezza il fiato, che si specchia negli occhi dei compagni di sventura, che ti spinge a scappare nonostante il piede a penzoloni e l'occhio dilaniato. La guerra in 20 sigarette è un concentrato di paura che dura pochi minuti ma non sembra finire mai. La guerra che ho vissuto io finisce con i civili che si accalcano, che strillano, che mi caricano su una macchina e buttano sul mio corpo insanguinato un bambino immobile, candido, freddo. La guerra finisce con la morte.

LA RABBIA: un'esperienza così non lascia solo l'umanità e l'amore. Lascia anche una buona dose di rabbia. l'ipocrisia di un paese in fibrillazione per gli eroi di Nassirya, il presenzialismo costante di politici, generali, preti e giornalisti. Il senso di colpa per essere sopravvissuto, il senso di responsabilità che si prova quando una storia che sembrava lontanissima arriva così vicina da ustionarti. Il mondo di cui ti sentivi parte ora inneggia a: “10, 100, 1000 Nassirya” e nessuno sembra capire che non c.è bisogno di imbracciare un fucile per uccidere delle persone a migliaia di chilometri da qui. Il misto di rabbia e tristezza che si prova quando non riesci a tenere in braccio la tua bambina senza rivedere nel suo volto quello di un bambino che ha avuto la sfortuna di essere nato e morto a Nassirya.
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